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commenti randomici a letture randomiche - parte XII

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e finalmente riesco a riprendere il discorso da dove era stato interrotto.

a proposito delle ultime, randomicissime, letture. come sempre, se non avete letto ancora i volumetti, fate attenzione agli spoiler!

arrivare a te è giunto al ventiquattresimo volumetto, i nostri stanno insieme da un intero anno e le loro paranoie incredibili continuano imperterrite. giuro che mi fanno preoccupare.
tutti sono in fibrillazione per la decisione di cosa fare una volta finita la scuola. ayane e kanto hanno un rapporto molto maturo d'amicizia e rispetto, nonostante la loro storia ormai sia conclusa, chizu e ryu si sono finalmente messi insieme e si comportano come due normalissimi ragazzi innamorati.
solo sawako e kazehaya continuano con i loro non detto, con le loro paure, con i loro imbarazzi.
possibile che dopo un intero anno non abbiano acquisito un briciolo di confidenza? possibile che ancora entrino in crisi per un abbraccio?
sto cominciando a credere che questi due non stiano bene insieme... cioè, conoscete due persone che stanno insieme da un anno e non hanno ancora imparato a capirsi, a parlarsi, a essere sinceri una con l'altra?
in ogni caso, la narrazione si fa sempre più lenta, inizia a diventare noiosa. ovvio che un prodotto di successo come questo venga portato avanti più a lungo possibile, ma arrivare ad allungare il brodo così sta stemperando parecchio le emozioni che dava a inizio serie. spero che si metta presto un punto a questa storia, o che almeno sawako e kazehaya si diano una bella svegliata e comincino a comportarsi come una coppia normale.
perché ok la dolcezza e l'ingenuità del primo amore, ma qui è ormai da psicanalisi.

a tirarmi su di morale ci ha pensato invece il secondo volumetto di romantica clock. a quanto pare non ho esagerato a dire che sembrava uno dei titoli shoujo più interessanti del momento, lo è davvero!
finalmente scopriamo qual'era la promessa fatta da aoi ad akane. quando erano piccoli, akane aveva trovato un gattino del quale non era riuscita a prendersi cura ed era morto. adesso si ripropone la stessa situazione, e lei ha paura di sbagliare ancora, di non riuscire a prendersi cura del gattino che ha trovato. aoi la incoraggia e le assicura che l'aiuterà e che manterrà fede alla promessa di diventare un veterinario per aiutarla.
certo è un po' esagerato, ma di sicuro non si può più dubitare dell'affetto che lui nutre per lei, visto che da anni studia proprio per questo. conosciamo anche un nuovo personaggio a cui basta davvero poco per innamorarsi di akane: shin, un ragazzo più grande di un anno dei gemelli, che frequenta la loro stessa scuola e lavora nella pasticceria in cui i due gemelli si trovano a passare per acquistare la torta di natale.
shin approfitta della consegna della torta per aggiungere un bigliettino per akane in cui ha scritto "tu mi piaci". ovvio che la nostra ingenuissima protagonista non ha capito in che senso lui intendesse quelle parole, ma vista la scena finale del volumetto, forse non ci metterà troppo tempo a capirlo. e non ci vorrà molto tempo, secondo me, prima che la situazione tra aoi e karin si sblocchi.
carinissimo l'extra dedicato a ichika, la sorellina minore di aoi e akane, che vorrebbe che i due non litigassero più.
il punto di forza di questo manga è proprio la scelta di avere per protagonisti due gemelli e il loro rapporto, il che necessariamente crea una trama abbastanza fuori dai classici schemi degli shoujo scolastici, anche se ritroviamo tante situazioni tipiche del genere. l'attenzione si focalizza non solo sull'amore romantico, sui primi batticuori, sugli amici eccetera, ma sopratutto sulla famiglia, aspetto che  molto spesso non viene troppo preso in considerazione per non dire che è completamente annullato (pensate a quanti titoli hanno protagonisti che per un motivo o per l'altro vivono soli) o che assume connotazioni negative (classico il caso in cui i protagonisti hanno rapporti conflittuali con i familiari). molto carina anche la storia breve che conclude il volume, che racconta di una ragazza imbranata che ama leggere - e scrivere - romanzi. kazuki, questo il nome della protagonista, ha per vicino di banco kashino, il tipico ragazzo perfetto, bravo nello studio e nello sport e pieno di amici. che oltretutto sostiene di essere un mago. e a quanto pare lo è davvero, visto che riesce a rendere kazuki più carina e più sicura di sé stessa. ma davvero ci si può sentire felici se si cambia grazie alla magia? beh, decisamente no, ma in fondo è kazuki che ha ottenuto, da sola con le sue forze, sia un premio per il suo romanzo ispirato a kashino, sia l'amore. decisamente più interessante di quelle apparse su io ti salverò.
in conclusione: titolo stra-promosso! ho bisogno del terzo volumetto adesso!

qualche tempo fa ho recuperato il giardino delle parole, uscito da qualche mese.
è una storia carina, anche se tanto malinconica, mi ha lasciato un po' di tristezza addosso a fine lettura.
il giardino delle parole è il posto in cui takao, un liceale che sogna di poter diventare un designer di scarpe, incontra in una mattina piovosa, una giovane donna di nome yukino.
i due non si rivelano molto uno dell'altra, ma si crea subito un legame, una sorta di patto silenzioso per il quale si ritrovano sempre nello stesso posto ogni volta che piove.
entrambi vivono una situazione infelice, dettata dalle stupidissime regole che pare esistano solo in giappone: lui non si sente libero di portare avanti il suo sogno, dovrebbe studiare invece di dedicarsi a quella che è la sua passione (ma perché poi?) mentre lei si scoprirà poi essere un'insegnante della stessa scuola di takao, vittima dei suoi alunni che hanno fatto girare un sacco di calunnie sul suo conto, fino a ridurla a uno stato di angoscia tale per il quale non riesce più ad andare a scuola.
un rapporto tra i due sarebbe dunque impensabile, sia per la differenza d'età, sia perché entrambi, uno come alunno e l'altra come insegnante, frequentano la stessa scuola. oltretutto yukino ha deciso di trasferirsi in un'altra città.
così, nonostante si siano innamorati, si separano. anche se continuano a scriversi, anche se non si sono dimenticati. se si saranno poi incontrati di nuovo, questo rimane all'immaginazione del lettore.
in definitiva una storia carina ma non fondamentale, da recuperare solo se davvero non avete nulla di meglio da leggere.

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risenfall 1

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da qualche giorno risenfallè finalmente tra le mie mani, non vi dico quanto ero contenta quando è arrivato il pacchetto! erano mesi che aspettavo questo momento, e come saprete, ho creduto tantissimo in liana (qui trovate l'intervista che mi ha regalato qualche tempo fa) e ho cercato di fare tutto il possibile nel mio piccolo perché risenfall potesse diventare realtà.


il progetto ha visto la luce grazie al crowfunding, all'impegno dell'autrice e al sostegno di chi ha finanziato la campagna e ha contribuito a pubblicizzarlo sui social.
adesso, sulla copertina di risenfall, trovate il logo di shockdom, che, dopo aver rifiutato di pubblicarlo, visto il successo su kickstarter, ha pensato bene di accaparrarsi i diritti (non conosco benissimo le dinamiche, ma liana mi ha detto di non aver potuto fare altrimenti, quindi non le do colpa di questo). certo è che l'atteggiamento di questo editore non mi è piaciuto per niente, anzi, l'ho trovato a dir poco meschino e mi ha infastidita moltissimo: non è esattamente così che funziona fare l'editore. se non credi a un progetto e lo lasci sviluppare come autoproduzione, poi non ci ripensi quando capisci di aver sbagliato e che invece potevi guadagnarci, non è bello nei confronti di chi ha deciso di sostenere quella cosa.
ma in ogni caso, a parte quello che io penso dell'editore e del suo comportamento, sono contenta che liana recchione riesca ad avere così più visibilità.
perché il suo lavoro merita, e merita davvero tantissimo!

risenfallè ambientato in gran bretagna, in un'epoca vittoriana che differisce dalla nostra per la presenza dei fomori - esseri soprannaturali pericolosi per gli uomini - e gli helwyr - i cacciatori di spiriti, una sorta di polizia segreta al servizio della regina che opera proprio contro i fomori.
a indagare sulla strana, misteriosa e atroce morte di due giovani fidanzati in un paesino del galles, sono proprio due helwyr, rein a. risenfall e fray h. graymist.
il caso si fa subito molto complicato, quello che secondo le notizie ufficiali è stato presentato come un doppio suicidio potrebbe in realtà essere un efferato omicidio, e mentre la polizia non ha trovato nessuno da accusare, il paese intero è scatenato contro la signorina luna heartly, una ragazza che nonostante la giovane età è considerata una strega a tutti gli effetti, e che pare coinvolta nel caso anche se lei stessa non ha nessun ricordo di quanto successo.


questo primo volume da un lato ci catapulta senza preavviso in un mondo misterioso, dove il soprannaturale la fa da padrone, dall'altro introduce i personaggi della vicenda che dovranno, nel prossimo (nei prossimi?) volumi rivelarci il loro passato e gli aspetti più oscuri del loro presente: l'infanzia di risenfall, segnata da un evento drammatico, e i suoi incubi (nonché qualcosa di davvero strano che riguarda i suoi occhi), la vera natura di miss heartly e - cosa che mi incuriosisce tantissimo - i segreti che nasconde graymist.
oltre, ovviamente, la verità che si cela dietro l'assassinio dei due giovani in galles.
insomma, un inizio davvero appassionante, che oltre a una trama ben strutturata che non lascia cadere il ritmo neanche per mezza pagina, i disegni e i colori di liana sono fantastici.
e poi c'è pascal, che è un gattone morbido, peloso e dispettoso.
che volete di più?
se non avete partecipato al crowfunding, andare a recuperarlo in fumetteria!

liselotte e la foresta delle streghe 1

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vi capita mai di passare giornate a fare mille cose e poi arrivare a sera con la sensazione di non essere riusciti a combinare nulla?
beh, ultimamente la mia vita va esattamente così.
l'unica cosa di cui posso essere veramente fiera è che sono finalmente riuscita a ordinare il forno per la ceramica (non so se ricordate che qualche tempo fa avevo iniziato a decorare tazze e affini) così finalmente tra circa un mesetto dovrei tornare a essere operativa e un po' meno disoccupata...
il resto del tempo l'ho passato a guardare film (io e mamma abbiamo fatto fuori tutta la serie di harry potter, e ci sono piaciuti tantissimo! io avevo letto tutti i libri ai tempi, ma i film non li avevo mai visti) e leggere libri (ho finito i romanzi della trilogia originale di star wars, consigliatissimi ai fan della serie, adesso mi sono buttata su la fantastica storia dell'ottantunenne investito dal camioncino del latte, ve ne parlerò appena lo finisco), più altra fuffa con la quale non intendo annoiarvi.

negli ultimi giorni però ho letto pochissimi fumetti, giusto il terzo numero di shooting star lens, che mi ha fatto decidere di droppare la serie (vi giuro, il primo mi era piaciuto, il secondo così così... il terzo non sono nemmeno riuscita a capire bene cosa succede esattamente...) e il primo volume di liselotte e la foresta delle streghe, che invece mi è piaciuto tantissimo e che staziona da giorni sulla mia scrivania in attesa di questo post.

di questo titolo ne avevo sentito parlare da tanto, forse da quando era iniziata la pubblicazione in giappone, e ho sempre desiderato poterlo leggere. quindi, in barba al fatto che sia bloccato - per il momento, si spera - al quinti volumetto, ho deciso di provarlo ugualmente. e non me ne sono per nulla pentita. è ovvio che quando un autore piace, si comincia a leggere un suo nuovo lavoro con uno stato d'animo abbastanza positivo, ma natsuki takaya per quello che mi riguarda - sopratutto dopo il canto delle stelle, furubaè così bello che non fa testo - è una garanzia.


a differenza dei due titoli sopracitati, liselotte si inserisce a pieno titolo nel filone fantasy, anche se l'atmosfera di sfiga che colpisce la protagonista senza alcuna pietà né rispetto delle statistiche tipica della takaya è sempre quella.
infatti la nostra protagonista, liselotte appunto, a quanto pare è una nobile decaduta, senza più nulla e nessuno se non i suoi due fedeli servitori, art e anna, due giovanissimi - sono poco più che bambini - gemellini. ha deciso di stabilirsi in una casetta vicina alla foresta, una foresta che a quanto pare è abitata dalle streghe. e proprio quando liselotte si trova in difficoltà per colpa di una di loro, viene in suo aiuto un giovane bellissimo e misterioso, engetsu, che sembra quasi conoscere già liselotte, anche se non si sono mai incontrati prima...
per quanto ci sia tantissima voglia di sapere come andrà da adesso in poi la nuova vita di liselotte, quello che davvero mette curiosità è il suo passato: cosa le è successo? perché è stata allontanata dalla sua vita? chi è la persona che somiglia a engetsu?
in definitiva un primo volume davvero coinvolgente, ben strutturato, che fa partire la storia alla grande e - come sempre con la takaya - fa innamorare dei personaggi.
ho tantissima voglia di leggere il prossimo volumetto!

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ps. ci tenevo a ringraziare tutti quelli che hanno votato al sondaggio senza aver lasciato un commento o scritto un messaggio per giustificare il loro voto (sì, sono sarcastica. il grazie sincero va a chi mi ha scritto e ha discusso con me di questa cosa, ve ne sono davvero grata e mi fa un sacco di piacere ogni volta chiacchierare con voi! ), che così è perfettamente inutile, perché la sola cosa che mi arriva è che vi sto sulle palle e che questo blog vi interessa davvero poco, situazione poco veritiera perché se avete perso tempo a votare, vuol dire che un minimo mi seguite, quindi non può trattarsi semplicemente di questo.
vorrei capire il perché dei vostri voti, non perché non li ritengo legittimi, ma perché un semplice no non mi aiuta a capire cosa pensate (il blog non è interessante? gli articoli non sono utili? pensate che sia inutile pagare per quello che si può comunque avere gratis? non vi importa finanziare proprio questo blog, ma altri sì? finanziereste se ci fosse qualcosa in più? ed eventualmente cosa? scrivere un blog non è considerabile lavoro?) né cosa potrei fare altrimenti.
ormai è ovvio che non proverò neppure a finanziare il mio lavoro - eh beh sì, è un lavoro questo. non paragonabile a quello in fabbrica, certo, ma c'è un certo impegno dietro tutto questo - in questo modo e che probabilmente cercherò altre vie, però mi piacerebbe capire, ecco.

un sacco di roba scritta senza neanche una figura: sconsigliata la lettura a chi soffre di deficit di attenzione o cerca informazioni su manga.

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da quando scrivo qui, mi è capitato un sacco di volte di parlare con la gente che passa a leggermi, spesso con altri blogger, sempre comunque con qualcuno con cui condivido passioni e interessi. è sempre stato piacevole conoscere, anche solo virtualmente, persone così, e le chiacchierate su libri e fumetti mi hanno sempre entusiasmata e fatto passare momenti piacevoli (e vivere situazioni imbarazzanti, come quando ho sbagliato autobus perché parlavo con mel-chan di fumetti e mi sono ritrovata in una parte della città che quasi non conoscevo).
in questi giorni mi sono confrontata con tre persone che non conoscevo e che continuo a non conoscere, visto che non so nulla di loro a parte quello che hanno detto su me e su quello che faccio, non si sono presentate, hanno preteso di conoscere me senza spendere mezza parola che giustificasse l'autorità di scrivere quello che hanno scritto che, come vedrete, non è esattamente un delicato e cordiale parere).
il motivo per cui mi hanno scritto è stato il sondaggio in cui chiedevo se secondo voi era sensato affiliarsi a patreon, il sito di crowdfunding ideato proprio per chi crea contenuti online.
a parte i primi entusiasti, spesso accompagnati da messaggi che spiegavano il perché della scelta di sostenermi, ho ricevuto un sacco di no, tutti ovviamente non giustificati. ho chiesto quindi, nel mio post precedente, di spiegare il perché del no, non per delegittimarne la validità, ma per capire in cosa stavo sbagliando a proporre questa cosa e se c'erano suggerimenti migliori. sono una persona aperta al dialogo io.
dicevo: mi hanno risposto tre persone. e devo ammettere che ho trovato molto irritanti, se non offensive (no ok: molto offensive e cafone), le motivazioni che ho letto. magari, come ha sottolineato uno di questi, è perché sono bugiarda (riferito alla mia espressione attacco trollante, ho usato l'espressione troll perché visto il tono dei messaggi, pensavo che la loro finalità fosse farmi innervosire, non credevo possibile fosse proprio una reale mancanza di tatto) e viziata (perché non ho accettato di sentirmi dire che quello che faccio non è un lavoro, non sono nessuno e scrivo cose inutili. immagino che invece siano cose che renderebbero felici chiunque, sono proprio incontentabile io!)
ma, dato che non mi ritengo né l'una né l'altra, ho cercato di sbollire la rabbia (sono molto permalosa, sì) e di scrivere per bene un po' di cose che servono a chiarire a tutti quanti, sia chi mi legge da tempo, a chi lurka, a chi commenta, a chi magari passerà qui per la prima volta tra un mese, cosa è claccalegge, chi sono io e cosa penso del lavoro che c'è dietro a un blog.

sarà una roba lunga e più complicata dei riassuntini che secondo questa gente io scrivo di solito, quindi armatevi di pazienza e di un'aspirina, credo proprio che come vi siate presi la briga di  provare a umiliarmi, possiate adesso sforzarvi di leggere.

cosa è claccalegge?
claccalegge è un blog di recensioni, o, come suggerisce il sottotitolo, di consigli di lettura (non richiesti).
non è un blog sui manga, ancor meno non è un blog sugli shoujo manga. non è un blog in cui troverete mai materiale illegale come scansioni tradotte di roba inedita in questo paese, sui quali gli autori non vedono un centesimo, né riassunti di roba inedita (per cui vale lo stesso discorso, anche se va fatta un'eccezione per i capitoli inediti di nana di cui ho parlato parecchio tempo fa, lo ammetto) né altro.
spiego meglio il sottotitolo, parola per parola, così magari è più chiaro:
cosa intendo per consigli: io, per mezzo dell'autorità autoconferitami nel momento in cui ho deciso di aprire un blog e spendere ore della mia vita a scrivere di cose, vi informo circa la roba che leggo e vi suggerisco se è valida o meno, magari evitandovi di acquistare qualcosa che si è poi rivelata una delusione, o facendovi scoprire qualcosa di interessante che non avreste conosciuto altrimenti. non posso parlare di tutto per svariate ragioni, che ora vi elencherò:
1) non è detto che mi interessi tutto. so che ci sono titoli che vanno alla grande tra i lettori di manga, come l'attacco dei giganti, che io reputo un'immane cagata alla quale non dedicherei più dei dieci minuti che mi ha già fatto sprecare, neanche se mi ritrovassi in una stanza vuota con nient'altro da leggere. o robe come la cosiddetta letteratura young adult, che mi fa venire i brividi di solito già dai titoli, per non parlare delle copertine. o come i thriller, gli horror, eccetera. quello che non mi piace, non mi interessa, non mi incuriosisce, semplicemente non lo leggo e quindi non ne parlo.
2) nessuno mi regala la roba da leggere, e a quanto pare, in italia non è legittimo nemmeno proporre un qualche tipo di finanziamento da parte dei lettori del blog che si cura (sì, è sarcasmo), e quindi non posso neanche lontanamente immaginare di spendere sia pure un euro per una roba che non mi interessa per poi parlarne qui e farvi passare qualche minuto di relax, come, a quanto pare, questo blog riesce esclusivamente a fare.
3) non avrei il tempo di scrivere tutto quello che ritengo un interessante argomento di discussione, sia perché ho anche una vita, degli impegni, eccetera (incredibile ma vero), sia perché non credo proprio che se iniziassi a parlare di libri di antropologia mi seguireste. già, perché a quanto pare purtroppo da qui passa quella fetta di gente che si dice amante del fumetto, ma legge solo manga e crede per questo di avere una cultura in merito, snobba tutto il resto del blog e si permette persino di criticare quello che faccio. se non fosse penoso, mi metterei a ridere.
mi rimprovero di non essere riuscita a selezionare meglio il mio pubblico.

tu non sei una persona famosa, perché dovrei ritenere valide tue opinioni?
partiamo dal principio che non capisco quale rapporto causale dovrebbe unire l'essere famoso con avere delle opinioni valide. comunque, no, non sono famosa, non ho pubblicato libri, non sponsorizzo prodotti e non sono mai stata intervistata da barbara d'urso. grazie a dio.
sono una persona comune che ha dalla sua circa mezzo secolo di letture sulle spalle: libri, fumetti, depliant, etichette dello shampoo eccetera. amo leggere da sempre, l'ho sempre fatto, e ho deciso di creare un angolo in cui parlare di quello che mi piace, possibilmente con gente che invece di chiedermi il curriculum, si interessa degli argomenti trattati, o ha poi magari voglia di chiacchierare con me del più e del meno, oltre che di libri e fumetti.
non c'è un motivo oggettivo per ritenere valide le mie opinioni. nessuno ve lo chiede, mai detto che quello che io penso sia fondamentale, sacrosanto, inconfutabile. è solo quello che penso.
ora, ho da anni, diciamo da quando ho un computer e una connessione a internet, l'abitudine di leggere i commenti sui libri letti dalla gente comune, quella non famosa, quella non pagata da autori ed editori per parlare di libri. trovo che sia il modo più veritiero ed attendibile per sapere se una cosa mi piacerà o se sto buttando i miei soldi in un malloppo di carta che occuperà solo spazio inutile nelle mie già troppo affollate librerie.
come faccio però, visto che non conosco queste persone, a capire se posso fidarmi della loro opinione? molto semplicemente, cerco di capire cosa ne pensano su cose che già conosco: se qualcuno mi consiglia un libro e poi mi dice che twilight è il libro più bello che abbia mai letto (giuro che mi è successo davvero di trovare questa cosa su twilight), so già che io e quella persona molto probabilmente non condividiamo gli stessi gusti e quindi non avrebbe senso fidarmi delle sue opinioni. (sì, lo ammetto, ho letto twilight)
ci sono persone che non ho mai incontrato, non sono neanche sicura di sapere quali siano i loro nomi reali, ma delle quali mi fido quasi ciecamente quando si tratta di fumetti: per fare un esempio, è da almeno il 2005 che seguo yue lung, prima su un forum e ora sul blog, e sono certa che se lui scrive che una cosa è un capolavoro, io devo leggerla. anche se non credo neanche lui sia stato mai da barbara d'urso, o abbia scritto un libro, o altro.
comunque il giorno che finisco su canale cinque vi faccio sapere, tranquilli.

questa devo copiarla così come mi è arrivata, è davvero troppo offensiva persino per una snob del cazzo come me: tu invece stai casa, magari in pigiama, e riassumi le tue letture : ti rendi conti di quanto tu per prima sei stata indelicata nei confronti di chi veramente lavora?
carissima, meno male che non volevi offendermi, altrimenti chissà che veniva fuori. ho già risposto per e-mail a questa cosa, ma credo sia necessario riportare tutto anche qui.
questo è quello che ho scritto a proposito di questa elegante e appropriata uscita circa il mio stare in pigiama ed essere indelicata verso chi lavora davvero (lo scrivo perché so già che adesso apriti cielo, come osi pubblicare le mie mail. oso oso):
non credo però che tu o chiunque altro possa venirmi a fare prediche sulla questione lavoro, per il semplice fatto che, a esclusione delle persone che mi sono vicine, delle mie vicende lavorative non ne siete a conoscenza in molti. non so chi ti abbia detto che passo la giornata in pigiama davanti al pc o che non so cosa voglia dire lavorare, da soli o per conto di altri. mi sa che invece di un profilo cazzeggione in cui ho scritto che non faccio un cazzo tutto il giorno (a quanto pare la gente ci crede, non sei stata la sola a dirmi che non lavoro, sei solo stata più gentile di altri nell'usare le parole giuste per esprimere il concetto), dovevo mettere il mio curriculum, con tanto di esperienze lavorative, titoli di studio, altri certificati eccetera. così magari sembravo più seria e professionale... però voglio rivelarti che ho vissuto entrambe le situazioni, ho lavorato per altri, alzandomi dal letto all'orario prestabilito, con qualsiasi tempo, andando a lavoro con la febbre, prendendo i mezzi eccetera; e ho lavorato da sola, senza ordini, vero, ma prendendomi le responsabilità di tutto, senza orari (che significa lavorare anche 16 ore al giorno senza certezza di vedere un soldo) e investendo di tasca mia. incredibile, vero? so benissimo cosa significa lavorare, e so meglio di molti altri cosa significa provare a farlo in una città con il più alto tasso di disoccupazione d'italia, in condizioni - che in quanto molto personali non sto neanche a spiegarti - che rendono praticamente impossibile trovare lavoro qui e che rendono terribilmente difficile cercarlo altrove. non credo di aver offeso nessuno tra quelli che la mattina si alza e sa che ha la fortuna di avere un posto dove andare a lavorare perché ho chiesto "ehi, mi aiuteresti a finanziare il mio blog?". se tu pensi che l'abbia fatto, non riesco a capire su quali basi hai fondato la tua idea. non ho mai parlato di "diritto ad essere pagata". non è un diritto, lo so bene. non ho estorto pagamenti a nessuno, quindi non userei quelle parole. scrivere un blog non è un lavoro perché non è pagato, questo sì. solo per questo. richiede impegno, costanza, organizzazione, un briciolo di conoscenze sul tema trattato (anche qui, non ho intenzione di ammorbarti raccontandoti da quanti anni è che studio i fumetti, parlo con gli autori, leggo pubblicazioni in merito eccetera, non credo ti interessi). non ho un capo che mi ordina di fare le cose e lavoro a casa, come fanno tanti altri che hanno deciso di lavorare in modo indipendente (o sono stati costretti a farlo, come faccio io, fuori da questo blog). bisogna offrire qualcosa di competitivo, già, ed è quello che cerco di fare, dando quello che gli altri non danno, cioè un parere che non è vincolato dal dover vendere o meno un dato prodotto. lo fa altra gente? ovvio. ma non chiedo a chi non ama quello che scrivo e come lo scrivo di seguirmi, tanto meno di sostenermi.

e ancora: Tu invece lo hai scritto nel profilo che non fai niente... hai proprio scritto che non fai "un ca**o tutto il giorno", allora io chi pago? Ah sì, un'altra cosa molto importante è che non dai proprio spazio ai manga famosi, per esempio Naruto o L'attacco dei titani, e allora uno capisce che non stai nel giro e non sei esperta [...]
(quella che non "mi paga" perché non faccio un cazzo tutto il giorno è spettacolare. se dicessi che invece passo tutta la giornata a lavorare, che fa? mi stipendia? o sono scema io, o è tanto per offendere - e qui si torna alla mia scelta circa la parola trollare)
quanto ai manga famosi, risponderò tra poco. idem per la mia esperienza, e per quello che penso riguardo a chi legge e conosce solo manga.

scrivere un blog non è un lavoro.
questa l'hanno detta tutti e tre.
ho scritto che questo non è un lavoro perché non è pagato, dal punto di vista legale è - anche - il compenso che definisce qualcosa lavoro.
chi mi conosce sa quanto io ritenga importanti le parole. onde evitare ancora incomprensioni con queste persone (le quali peraltro non hanno certo specificato la loro occupazione, anche se sono stati così precisi nell'immaginare e descrivere la mia), vi ricopio la definizione della parola lavoro secondo niente di meno che treccani:
In senso lato, qualsiasi esplicazione di energia volta a un fine determinato. In senso più ristretto, attività umana rivolta alla produzione di un bene, di una ricchezza, o comunque a ottenere un prodotto di utilità individuale o generale.
quindi, nella nostra fantastica lingua, il lavoro è una forma di attività umana - e direi che rientro nella specie - rivolta a ottenere un prodotto di utilità individuale o generale - ovvero questo blog, per chi, ovviamente, lo legge. a rigor di logica, quindi, quello che un blogger fa, è un lavoro.
o meglio, potrebbe esserlo, se ci guadagnassi qualcosa. diciamo che lo è per la prima - sporca - metà della definizione.
credo proprio che nessuno di chi mi ha scritto che quello che faccio è fare i riassuntini delle mie letture, abbia idea di cosa significhi gestire un blog, immagino anche la faciloneria del sappiamo farlo tutti. bene, fatelo.
l'impegno è di almeno tre post a settimana. niente copincolla, eh. buona fortuna, poi mi dite tra qualche anno come è andata.
passiamo all'altro, divertentissimo punto.

Non conosco la tua formazione, ci credo che hai studiato ma, perdonami, questo non emerge in quello che scrivi, che è più che altro una sintesi della trama. Ho provato a indovinare che studi hai fatto leggendo i tuoi post, ma non si capisce (liceo? classico? artistico? delle scienze umane? università?) perché non c'è nessun cenno specialistico. E, dal momento che non compari in nessuna pubblicazione ufficiale, è confermato quello che emerge dal blog : sei una dilettante con il dono di una scrittura molto piacevole, ma senza riferimenti, senza approfondimenti, per quanto piacevoli da leggere le tue restano le opinioni di pinco pallino.
dilettante.
pinco pallino.
dico, meno male che non dovevi offendere, eh.
giusto per chiarire a chi magari questo blog l'ha letto sul serio e sta ancora chiedendosi perché questa signora qui dice di leggere solo riassunti della trama: lei legge solo i post sui manga. perché i graphic novel non le interessano. quindi non ha mai letto gli altri post di questo blog, a parte i commenti randomici su shoujo eccetera.
ma sta a criticare. e pesantemente. cioè, io devo leggere di essere pinco pallino dilettante, e non offendermi.
carissima: se tu leggi solo manga, è un problema tuo, e mi dispiace. ti limiti e ti privi di cose molto più interessanti. chi legge solo manga e poi viene da me a chiedermi conto e ragione della mia formazione, del perché io penso di poter parlare di fumetti, di libri, di tutto, mi turba tanto che non so mai se ridere o provare pena.
io sono una che non ci tiene a sbrodolare titoli, che se fa la snob di solito vuole far ridere e basta, che scrive profili simpatici nel tentativo di dar di me un'immagine tipo cristo compagnone (non so se hai mai sentito parlare di dogma. ti aiuto: non è un manga)
allora, io-leggo-solo-manga, siccome le varie offese velate da tono cordiale, il tuo non presentarti ma pretendere da me giustificazioni, la tua arroganza nel dire persino che la tua conoscenza dell'argomento si esaurisce ai manga, mentre pretendi da me competenze nere su bianco, mi hanno urtata oltremodo, credo proprio sia arrivato il momento di chiarire cosa mi da modo di parlare di fumetti qui, e di offendermi per il tuo atteggiamento.
allora, visto che ci tenete tanto, sbrodoliamo pure: mi sono diplomata in uno dei migliori licei classici italiani, in uno dei suoi corsi migliori e ho avuto la fortuna di avere insegnanti più che validi, i migliori che potessi avere, che mi hanno dato moltissimo, non solo come alunna, ma come persona. e ho avuto l'onore di avere la stima di queste persone per tutto il tempo in cui ho frequentato la scuola, e di mantenerla viva ancora adesso.
ho studiato letteratura (italiana, latina, greca, francese e inglese) e letto forse poco (un paio di migliaia di libri, più o meno, da quando ho imparato a leggere), di certo quanto basta per capire che non è mai il cosa di racconta, ma il come si racconta.
non sono una critica letteraria, certo, ma cerco sempre al meglio delle mie capacità di spiegare quello che fa di un romanzo, di un racconto, di una poesia, di qualsiasi narrazione qualcosa di bello e necessario e lo distingue dall'immane banalità del "di cosa parla?"
ho frequentato l'accademia di belle arti, ad indirizzo grafica, cosa che se non mi ha dato molte possibilità lavorative, mi ha insegnato a guardare le immagini in un modo che solo dopo anni di storia dell'arte, teoria della percezione, estetica, grafica d'arte, grafica pubblicitaria, grafica editoriale, filosofia dell'arte, fotografia, pittura, decorazione, eccetera eccetera, potevano darmi.
ho studiato fotografia in accademia e fuori, sia dal punto di vista storico, che pratico. ho studiato le tecniche di disegno, di realizzazione pratica di un fumetto. so cosa c'è dietro un fumetto, conosco quello che riguarda la sua creazione, so leggere oltre i dialoghi.
di un immagine riesco ad apprezzarne composizione, stile, tecnica, messaggio, colore, luce, tutto.
c'ho messo una decina d'anni a capire cosa vuol dire comunicare tramite le immagini, ho sviscerato la cosa da ogni punto di vista possibile, e ho cercato di applicare tutto quello che ho imparato al linguaggio del fumetto. che ritengo un'arte. e faccio tutto questo ancora e ancora e ancora, con l'umiltà (solo in questo posso sentirmi umile) di chi sa di avere ancora tanto da imparare e la gioia di chi ha tanto da scoprire.
ritengo il fumetto un' arte e non mi sognerei leggere quell'enorme cagata de l'attacco dei giganti (lo cito di nuovo, visto che pare essere la più grave delle mie mancanze) perché hollywood ha capito che abbastanza gente pagherebbe per vederne una trasposizione cinematografica, cosa che non mi stupisce, visto che quella schifezza da analfabeti che è cinquanta sfumature di grigio ha fatto record di vendita. chi deve vendere, sa su cosa puntare.
gli idioti sono ovunque, io cerco sempre di non farne parte.

non so a che titolo invece la gente passi il tempo a mandare e-mail piene di insulti e tentativi di umiliazione simili, ma credo che non serva alcuna competenza specifica in merito.

fai i riassuntini, non c'è nulla di più interessante nel tuo blog.
tutti e tre quelli che mi hanno scritto in questi giorni, mandando il mio fegato a spappolarsi come se avessi bevuto un'intera bottiglia di vodka, leggono di claccalegge, solo ed esclusivamente i post sui manga. in particolare sugli shoujo manga. ero certa che chi aveva votato no, o almeno una parte di questi, erano persone che non seguivano il blog, che magari erano passate per caso, erano rimaste due minuti e poi avevano spuntato quella casellina giusto per il gusto di farlo. ecco perché ho chiesto delucidazioni. non è che mi sbagliassi poi più di tanto.
adesso è giunto il momento di scoprire un altro altarino: a me gli shoujo piacciono, ne compro tanti e ne leggo tanti.
ma non li ritengo più che simpatiche minchiate per passare il tempo. non riuscirei neanche volendo a tirarci fuori più di quello che scrivo, per il semplice fatto che non c'è altro! sono simpatici, divertenti passatempi. fine.
mi piace leggere shoujo, mi piace commentarli, o meglio commentarne la storia e le situazioni spesso implausibili che ne vengono fuori. mi diverte da morire, come suppongo si divertano le vecchiette in coda alla posta che parlano tra loro dell'ultima puntata de il segreto.
quando mi capita di suggerire fumetti a chi di solito non legge fumetti, non suggerisco mai manga. perché ritengo che pochissimi tra i miei titoli, forse due su un centinaio e passa, siano così belli da essere suggeriti. in compenso, riempio la vittima di borse piene di graphic novel.
se cercate recensioni più articolate, leggete quelle.
tutto qui.
se volete leggere altro qui, basta guardare la cronologia dei post. ci sono le interviste e le anteprime di cui lamentavate l'assenza. ma non riguardano autori giapponesi.
ci sono le recensioni approfondite, ma non riguardano quasi mai i manga.
ripeto per chiarezza: se cercate un blog che parla di manga, avete sbagliato posto. qui si parla di fumetti, anche di manga. ma ogni cosa viene trattata per quello che è: dei capolavori, ne parlo come meritano, ovvero dopo giorni e giorni in cui leggo, rileggo, rimugino, guardo e riguardo le tavole, per poi cercare di rendere giustizia a tutto quello che quella lettura mi ha trasmesso. delle minchiatine che mi fanno fangirlare, scrivo commentini e amen, giusto per dire se secondo me la serie merita di essere continuata o no. quasi sempre infatti questi commenti sono tutti accorpati in un solo post-macedonia. so di essere onesta fino allo sfinimento, anche quando dico questa cosa non vale niente ma mi piace un sacco o quando ammetto di non capire e non riuscire ad apprezzare quello che è considerato indispensabile.

eppure, a una semplice domanda come sosterresti questo blog, che evidentemente segui e leggi, con una cifra irrisoria al mese?, mi sono beccata email in cui, riassumendo, si legge che: non lavoro, anzi, non faccio un cazzo tutto il giorno, non ho le competenze per scrivere di fumetti, sono una dilettante, un pinco pallino, una che passa il tempo in pigiama a pretendere soldi per non far altro che riassumere trame.
complimenti alle vostre capacità di critica.
su tutto questo non intendo esprimere altri giudizi, ma ritengo opportuno parlarne apertamente proprio in questo spazio che è stato tanto screditato, dando anche ad altri la possibilità di leggere una piccola parte di quello che mi sono sorbita io (ho tralasciato il peggio) e di farsi un'idea in merito.

e ancora, giusto perché voglio che si capisca cosa arriva a scrivere una persona che dichiara di non voler offendere: approfittando della pioggia ho letto qualche post che avevo saltato : non ci siamo. Titolo del manga / fumetto + 3 -5 righe di quanto lo volevi / lo hai aspettato / lo hai cercato + 10-15 righe di riassunto + 5-8 righe di commento tipo bambina del catechismo che ringrazia Gesù per la bella giornata passata con mamma e papà.
non credo ci sia altro da dire, se non che ho sempre pensato, e tu hai confermato, che la cattiveria è sempre sinonimo di piccolezza, intellettuale, morale e culturale. e infatti poco dopo:
My little pony : è questo il livello della tua preparazione e formazione? Un cartone da bambini?
sì, mia cara. un cartone animato pensato per bambini. una roba che mentre fa divertire i bambini, insegna tanto su quei valori morali che molti disconoscono: l'amicizia, il valore della sincerità, la gentilezza, la generosità eccetera. ma non è catechismo. my little pony ha un umorismo geniale, brillante, mai vuoto o cafone, quello che solo chi è abbastanza intelligente da saper andare oltre l'etichetta per bambini sa cogliere. talmente brillante che mezzo mondo si è reso conto del valore di mlp, i fan hanno l'età media di 35 anni (statistiche parlano), un prodotto qualitativamente tanto alto da essere diventato, perché lo merita, un vero e proprio cult. molto più di naruto o l'attacco dei giganti. peccato non sia un manga, altrimenti potevi leggerlo anche tu.
di certo, non è adatto a chi passa il tempo a mandare a sconosciuto mail piene di insulti. tra parentesi, ti suggerirei di provare a leggere un bel po' dei cosiddetti libri per bambini, sono così belli e profondi che potrebbero aiutarti a farti diventare una persona migliore. ma non credo tu sia arrivata a leggere fino a qui.
E devono piacerti proprio, visto che ho dovuto scavare per trovare post su un altro argomento.
ti aiuto: sette post su my little pony, compresi quelli di annunci. su un totale di 629 post, con questo. mi sa che non sai nemmeno scavare. comunque sì, mi piacciono da morire.
per concludere in totale eleganza: Se pensi che i tuoi "articoli" siano buoni, non hai idea di cosa sia un articolo di critica e soprattutto non migliorerai mai, ma continuerai a crogiolarti in una mediocrità che per te è eccellenza e a elemosinare un euro online.
ti prego: fammi leggere i tuoi articoli eccellenti, mostrami la grandiosità del tuo lavoro, stupiscimi con la profondità della tua capacità di comunicazione. sempre che il tuo massimo non sia quello che hai mostrato fino ad adesso, ma ho la vaga sensazione che a parte insultare la gente tu non faccia molto altro. credo proprio che tu non ne sia capace, altrimenti avresti già mostrato cosa sei in grado di fare. d'altronde, non capisco come una mente tanto raffinata e una persona così matura (ha tenuto a specificare di avere più di 30 anni, quindi non penso neanche che tutta questa rabbia sia data dallo squilibrio ormonale tipico dell'adolescenza, che se non giustifica, almeno rende comprensibile tanto schifo) debba perdere tempo a leggere qualcosa che ritiene inutile, di poco valore, scritto male e di addirittura commentarci sopra.
credo di aver perso il mio tempo con qualcuno che ti tempo da perdere ne ha parecchio.

dopo tutto questo, che l'unico nome che posso dargli è schifo totale, stamattina ho letto un commento bellissimo. da una persona che, come me e come tanti altri, invece di vomitare merda di nascosto tramite email, ci mette la faccia, parla delle sue idee, delle sue passioni, si espone, si fa conoscere, è una persona reale, con cui puoi parlare tutti i giorni, in qualsiasi momento - intendo dire che ha un blog, lo puoi trovare e mandargli una mail o scrivergli un commento (dei tre di prima non so nulla, non hanno detto tu fai schifo io so fare questo invece. no, solo la prima parte). quello che ha scritto orlando mi avrebbe già fatto un immenso piacere a prescindere, dopo tutto questo casino degli ultimi giorni poi, mi ha davvero fatta commuovere. per cui ho deciso di inserire alcune righe del suo commento qui, un po' per scusarmi con i miei lettori se ho dato tanto spazio a certe cose (perdono, ma quando ci vuole, ci vuole. a me non piace mangiare merda e poi dire grazie era tutto fantastico): Tu hai un blog sempre aggiornato, pieno di articoli a loro volta pieni di passione! Colgo l'occasione per dire pubblicamente l'ammirazione e la stima che ho verso il tuo blog (che ha uno dei "sottotitli più belli e VERI dell'intera blogosfera! ^____^) e sappi che non commento mai solo perché... 99,999 volte su 100 non conosco (ancora) le opere di cui parli! Hai una conoscenza e una cultura in fatto di manga in primis e di un sacco di altri argomenti a dir poco ciclopica; hai cominciato pochi anni fa quasi con timidezza e ora hai una facilità - e felicità - di scrittura a dir poco ottima e invidiabile! Francamente, non credo che ci sia chi non apprezza e stima il tuo lavoro, e se qualche d'uno/a c'è, credo che parli solo per invidia! (Io, per esempio, ti invidio. Non in senso malevolo, però!).
grazie orlando, non hai idea di quanto tu mi abbia tirata su di morale. ho citato la tua frase perché penso che tu non sia il solo ad apprezzare quello che faccio. o almeno credo che la gente normale, senza particolari turbe psicologiche e complessi di inferiorità, segua qualcosa o qualcuno perché lo ritiene interessante, e credo che fino a ora, tutti hanno seguito questo blog perché lo trovano interessante, non perché fa schifo (vi prego, spiegatemela sta cosa, io non la capisco).
(ho cambiato il colore perché non avevo voglia di associarti neanche visivamente a tutto il resto)

io ci credo in claccalegge. ci credo in questo blog, in quello che faccio. ci metto tutta me stessa in quello che scrivo, quando è il caso ci passo anche la notte a scrivere, perché credo che sia bellissimo condividere una passione, parlare di quello che fa cultura, perché nel mio piccolo ho voluto creare un angolo in cui la meschinità, la volgarità, l'ignoranza che riempie internet possa per un attimo essere dimenticata.
lo faccio a modo mio, senza l'aiuto di nessuno, con quelle che di certo sono le mie limitazioni, ma che altrettanto certamente non sono le cattiverie che ho dovuto sorbirmi.
in claccalegge non ci crede nessun editore, nessuno mi manda fumetti o libri per farmeli recensire.
in claccalegge ci credono pochissimi autori, che hanno accettato di farsi intervistare o che - raramente - mi hanno chiesto di parlare in anteprima dei loro fumetti, e che ringrazio tantissimo, sempre.
in claccalegge ci credono tutti quelli che almeno una volta hanno letto un libro o un fumetto o visto un film perché ne hanno prima letto qui. e poi gli è anche piaciuto magari. e magari mi hanno scritto per raccontarmelo.
claccalegge è un blog piccolo, scritto da una sola persona, a cui raramente ha collaborato qualcuno, assolutamente personale, che non ha l'arroganza di essere una testata giornalistica sul mondo dei fumetti e della letteratura. claccalegge mi richiede un sacco di impegno, di costanza, di organizzazione. non chiedevo molto indietro, cercavo di capire se tutto questo valesse se non pochi spicci, almeno il buon gusto del silenzio.
un'amica mi ha detto è l'italia: se scrivessi in un altro paese avresti molta più considerazione. io ne sono più che sicura. perché in italia ci si indigna se una persona che scrive un blog considera questa cosa lavoro, perché in italia non si è capito ancora bene che quello che trovate su internet è creato da gente che ha faticato per ottenere un risultato e che non ha chiaro in testa il valore del suo lavoro, unico motivo per cui potete ancora rubare foto, contenuti, film, canzoni, unico motivo per cui lasciano (lasciamo) che tutto ciò che è loro sia continuamente sminuito dai furbini che vogliono tutto e tutto gratis, senza dire neanche grazie, e magari arrogandosi poi il diritto, inesistente, di giudicare, aggredire e offendere.
ma siccome so che questo blog merita molto di meglio, che io merito molto di meglio, molto più della merda che è uscita fuori con un semplice sondaggio, molto più delle mail sgrammaticate e ortograficamente abominevoli che ho ricevuto, continuerò a scrivere per me stessa principalmente, per chi fino ad ora ha apprezzato - e di sicuro stiamo parlando di più di tre persone - per quelli che ho sempre ringraziato e continuo a ringraziare.
chi cerca altro rispetto a quello che si fa qui, chiuda pagina e vada altrove.

ps. questa è la risposta definitiva. a tutti gli insulti, quelli futuri compresi. sappiate che le vostre eventuali mail da ora in poi finiranno nello spam, che i commenti saranno cancellati eccetera. e no, non è paura del confronto. è schifo della vostra cafonaggine.

la fantastica storia dell'ottantunenne investito dal camioncino del latte

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ammetto fin da subito che la prima cosa che mi ha fatto avvicinare al libro è stata la copertina. so benissimo che, da lettrice consumata, le copertine sono spesso e volentieri specchietti per le allodole, ti attirano, ti seducono e poi puntualmente ti costringono ad abbandonare il libro perché ti aspettavi qualcosa di meglio.
però qui c'era un gatto. un gatto su un vecchietto.
e io sono fin troppo cuoricino di panna quando si parla di vecchietti e gatti. non vi dico se poi accanto al vecchietto e al gatto c'è un adesivo con la scritta -25%.


la fantastica storia dell'ottantunenne investito dal camioncino del latte, ovviamente, non ha proprio niente di fantastico. ed è fantastica per questo. no, non sto facendo giochini di parole da due soldi, giuro che è davvero così. ora vi spiego per benino.

il signor frank derrick, la mattina del suo ottantunesimo compleanno, viene investito dal camioncino del lattaio, un catorcio che grazie a dio non superava i dieci chilometri orari, e del quale comunque il conducente riesce a perderne il controllo.
uno quando compie ottantun'anni si aspetta regali strambi, certo, ma di certo non un camioncino addosso. e invece. ma, è il pensiero quello che conta, basta prenderla con filosofia.
dopo qualche giorno in ospedale, e un insopportabile questionario per verificare le sue condizioni mentali, frank può tornare a casa. come il dovere gli impone, declina la proposta della figlia, che dall'inghilterra si è trasferita in america e vive lì da tempo, di andare da lui a dargli assistenza fin che non toglierà tutte le ingessature, ma non riesce a impedirle di assumere un'infermiera a domicilio che l'assisterà per i prossimi tre mesi, un'ora a settimana.
convinto di dover affrontare un'antipatica despotica brutta e insopportabile infermierona che gli scombussoli la vita e lo tratti come un vecchio demente, frank cerca di dare il peggio di sé durante la prima visita di kelly, la sua infermiera.
ma qualcosa non va secondo i suoi piani - le cose non vanno mai come ce le aspettiamo, frank, dovresti saperlo bene alla tua veneranda età - e scoprirà che in realtà kelly è un'adorabile, gentile e premurosa bella ragazza. certo che frank non se ne innamora, ma per un vecchio che vive solo, che divide le sue giornate tra la tv e le spese inutili al negozio dell'usato, senza più moglie, con una figlia in un altro continente, un amico affetto da sclerosi che vive in una casa di cura, e la sola compagnia del suo gatto bibì - non particolarmente sensibile ai suoi problemi oltretutto - kelly diventa la cosa migliore che potesse accadergli.
la presenza della ragazza lo aiuta a recuperare i suoi ricordi, di sheila, la moglie defunta da tempo, di sua figlia beth quando era bambina, e i suoi sogni, quello ad esempio, di costruire un cinema nel capanno in giardino, abbandonato proprio quando si era ritrovato senza più nessuno accanto.

j.b. morrison dipinge un personaggio tanto realisticamente banale quanto indimenticabile: frank è appassionato di cinema, riceve migliaia di depliant sul controllo della demenza senile, sui montascale per disabili, sui bambini del terzo mondo e i cagnolini abbandonati. ha un rapporto con i soldi che oscilla tra l'idilliaco e il terrificante, ovvero: non riesce per nulla a gestirli e li sperpera senza farci troppo caso in soprammobili inutili - tutti comprati al negozietto dell'usato - e cibo in scatola o altre schifezze.
frank è un vecchietto come tanti, senza nulla di speciale a parte un inconsapevole senso dell'umorismo grazie al quale riesce ad andare avanti in una vita piena di nulla. forse è un po' rimbambito, forse ha trovato il segreto della felicità. di certo, grazie alla penna che lo racconta, la sua esistenza ordinaria, costellata di sporadiche follie dal sapore infantile, diventa davvero fantastica.
la sua storia così simile a tante altre, così comune, banale, si trasforma in un monito forse abusato, di sicuro mai ascoltato abbastanza: ogni vita, ogni storia è straordinaria fantastica. basta solo guardare le cose nel modo giusto e non abbattersi mai.

magari la fantastica storia eccetera non sarà il libro più bello che leggerete nella vostra vita, anzi non lo sarà di certo, ma io credo che una lettura la meriti. ed esiste anche un seguito della storia - un ottantaduenne, un gatto e una fantastica vacanza - per cui non preoccupatevi troppo se vi affezionate ai personaggi del romanzo!

nimona

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nimona di noelle stevensonè un fumetto bellissimo, una di quelle letture rare, che riesce a coniugare in modo perfetto aspetti lontanissimi tra loro, nello stile grafico e in quello narrativo, e che - a mio modestissimo avviso - fa proprio di questo il suo punto di forza.
ambientata in un universo che più che medievale si potrebbe definire un background da rpg molto poco attento ai dettagli, la storia di nimona di svolge tra magia e tecnologia, tra cavalieri, draghi, giostre e computer, film di zombie e videochiamate in stile skype.


il regno - viene semplicemente definito così - è gestito e regolato dall'ente, una sorta di organizzazione politica a capo di cavalieri e altra brava gente contro i cattivi.
e il più cattivo di tutti è ballistrer cuorenero, nemico giurato del più grande e coraggioso cavaliere, sir ambrosius lombidoro.
la loro rivalità risale al periodo della loro giovinezza, quando, ancora compagni, i due si sfidano in una giostra e lombidoro viene disarcionato. invidioso e incapace di accettare la sconfitta, colpisce a tradimento ballistrer, facendogli perdere un braccio e - sopratutto - la possibilità di diventare un vero cavaliere. cosa rimane da fare a un uomo senza un braccio e dal cuore gonfio di rimorso e sofferenza per il tradimento dell'amico? cosa fare se non si può più essere il miglior cavaliere del regno? ovviamente, bisogna diventarne il peggior nemico.
e come dice nimona all'inizio della storia, tutti i veri cattivi hanno una spalla, e lei, capace di assumere le sembianze di qualsiasi animale, è la spalla perfetta per il più cattivo dei cattivi.

le regole per scrivere un fantasy ci sono tutte. ma noelle stevenson fa qualcosa che va oltre: scrive, e disegna, una storia che svela quello che c'è dietro i ruoli, una storia - come recita la quarta di copertina - in cui non sempre le cose sono come sembrano.
e sopratutto crea un personaggio difficile da dimenticare, una ragazza-mostro che può diventare qualsiasi cosa desideri, in qualsiasi momento e senza fatica. chi non vorrebbe un potere simile? nimona è senza freni, una vera e propria furia, capace di uccidere come se non fosse altro che un gioco, e lo è in fondo, con dei poteri come i suoi. ma anche lei nasconde qualcosa che la rende ben diversa dall'invincibile creatura che sembrerebbe a prima vista.
nimona è in fondo solo una ragazzina, un'adolescente con la fissa per i capelli da punk e un bisogno d'affetto che, come qualsiasi adolescente, non sa come chiedere.
è una ragazzina convinta di non poter fare altro che spaventare, ferire, distruggere, forse perché è stata spaventata, ferita e distrutta a sua volta. nimona è la miglior descrizione del concetto di adolescenza che potessi trovare in un romanzo (che sia disegnato o scritto che importa?) per ragazzi. e chissà se alla fine capirà che quello che cercava l'ha ottenuto proprio dalla persona meno probabile tra tutte. nimona in fondo è una ragazzina ribelle, e si sa che le ragazzine ribelli non amano raccontare troppo di sé.


se la trama e il messaggio tra le righe sono assolutamente impeccabili, anche i disegni di noelle stevenson meritano qualche riga: lo stile, che a prima vista si definirebbe semplice e cartoonoso, è in realtà molto definito, ricco di particolari, che non significa sempre inutili barocchismi.
un tratto sicuro, personalissimo, molto espressivo, accompagnato da un uso dei colori e delle luci molto consapevole, in grado cioè, di rendere al meglio le atmosfere e gli ambienti. personalmente amo guardare i disegni di chi sa usare una matita in questo modo, chi sa creare personaggi che nonostante la pesante stilizzazione sanno essere così veri: due puntini per gli occhi e qualche linea per i tratti del viso riescono a dar voce ad animi complessi, alle emozioni più forti e disparate.

insomma, me ne sono innamorata durante la lettura, mi sono divertita e mi sono commossa, e ancora sono certa di avere tra le mani quello che sarà uno dei migliori graphic novel dell'anno.
leggetelo, assolutamente!

17 febbraio ~ giornata mondiale del gatto

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quale miglior giorno per festeggiare il ritorno di uno dei gatti a fumetti che ho amato di più?
è tornato macanudo! ed è tornato da novembre, anche se io l'ho scoperto solo adesso... meglio tardi che mai, no? e con macanudo torna anche fellini, l'adorabile, geniale e saggio gattino amico di enriqueta, e io sono felicissima e non vedo l'ora di poter avere il nuovo volume tra le mani.


intanto vi copio il messaggio della nuova casa editrice di macanudo, la nuova frontiera, che mi ha risposto per chiarirmi i dubbi circa questa nuova edizione:
Ciao Claudia, siamo felici di poterti dare una buona notizia! quello che abbiamo pubblicato è Macanudo 6 e presto pubblicheremo anche gli altri! Seguici, sulla nostra pagina fb troverai via via tutti gli aggiornamenti relativi alle nostre uscite. ciao e buona giornata


per chi non conoscesse ancora macanudo, la bellissima, poetica, profonda, divertente, surreale, geniale raccolta di strisce di liniers, vi invito a leggere alcuni vecchi post qui, qui e qui.

e a proposito di gatti, oggi, si diceva, è la giornata mondiale del gatto. io, che sono una frana con questo tipo di celebrazioni, me ne sono ricordata praticamente solo oggi quando ho visto fb intasato di vignette e foto. però qualche tempo fa sono riuscita a scrivere un post più ricco in tempo. lo trovate qui e, ovviamente, parla di gatti a fumetti.
ma perché la giornata mondiale del gatto proprio oggi? e sopratutto, perché non è segnata in rosso sul calendario? alla prima domanda risponde wikipedia:
La Festa Nazionale del Gatto ricorre il 17 febbraio ed è nata nel 1990.
La giornalista gattofila Claudia Angeletti propose un referendum tra i lettori della rivista "Tuttogatto" per stabilire il giorno da dedicare a questi animali.
La proposta vincitrice fu quella della signora Oriella Del Col che così motivò la sua idea nel proporre questa data che racchiude molteplici significati:

  • febbraio è il mese del segno zodiacale dell'Acquario, ossia degli spiriti liberi ed anticonformisti come quelli dei gatti che non amano sentirsi oppressi da troppe regole.
  • tra i detti popolari febbraio veniva definito “il mese dei gatti e delle streghe” collegando in tal modo gatti e magia
  • il numero 17, nella nostra tradizione è sempre stato ritenuto un numero portatore di sventura, stessa fama che, in tempi passati, è stata riservata al gatto
  • la sinistra fama del 17 è determinata dall'anagramma del numero romano che da XVII si trasforma in “VIXI” ovvero “sono vissuto”, di conseguenza “sono morto”. Non così per il gatto che, per leggenda, può affermare di essere vissuto vantando la possibilità di altre vite.
  • il 17 diventa quindi “1 vita per 7 volte”!

sulla seconda non ne ho idea.
regalate un po' di coccole, grattini e tonno extra ai vostri gatti oggi! o approfittate per prendere finalmente in considerazione l'idea di adottarne uno, salvandolo dalla strada o prendendolo dai rifugi o dai volontari che si occupano di randagetti e animali poco fortunati.

e per la gioia di grandi e piccini, un saluto anche da camilla in versione coniglietto!

storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà

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luis sepúlveda lo conosciamo tutti, credo. il prolificissimo - e bravissimo - autore cileno, oltre che romanzi e racconti per adulti (tra i miei preferiti diario di un killer sentimentale e il vecchio che leggeva romanzi d'amore), è da qualche anno noto al grande pubblico anche per i suoi lavori dedicati a un pubblico più giovane.
in realtà, il suo primo romanzo per bambini/ragazzi, è del 1996, ed è l'ultramegacicciofamosissimo storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, che io lessi più o meno in quegli anni e che è stato, insieme a il piccolo principe e quando hitler rubò il coniglio rosa, uno dei miei "romanzi per bambini" preferiti.
la storia del gatto zorba e della gabbianella fortunata è stata - ed è - un successone mondiale, come si è detto, e la cosa è stata - ed è - ampiamente meritata: zorba sopratutto, è uno di quei personaggi che ti rimangono dentro anche dopo anni e anni. è un tranquillo micione di casa che improvvisamente si trova a dover promettere a una povera gabbiana morente (per via del petrolio che l'ha completamente ricoperta), di prendersi cura del suo uovo e di insegnare al suo piccolo a volare, quando sarà tempo.
nonostante le oggettive difficoltà - come farebbe mai un gatto a insegnare a un pulcino di gabbiano a volare? - zorba mantiene le promesse, e tra lui e la gabbianella, nasce un'amicizia vera, profonda, che supera le differenze tra i due animali, va oltre gli istinti - un gatto è un predatore e un pulcino è la sua preda perfetta - e, da lealtà e rispetto della parola data, si trasforma in affetto sincero.
sedici anni e quattordici pubblicazioni dopo, nel 2012 arriva in italia storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, di cui taaanto tempo fa avevo parlato qui. altro successone e questa volta dopo solo un anno arriva storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza, forse quello che ho apprezzato meno tra tutti i libri della serie storia di qualcuno che fa qualcosa. protagonista della storia è una lumachina che cerca risposte ad alcune domande che nessun altra lumaca si è mai neanche posta: perché le lumache non hanno ciascuna il proprio nome? perché vivono tutte nello stesso posto? perché non provano a esplorare il resto del mondo? la lumachina ribelle decide così di partire da sola per trovare tutte le verità di cui ha bisogno, ma durante il suo viaggio non troverà solo le risposte che cercava, ma scoprirà anche una tremenda minaccia che grava su tutte le sue compagne.
solo chi, accanto a lei, accetta di allontanarsi per una volta dal comodo e sicuro "si è sempre fatto così", riesce a salvarsi.
se gli altri due titoli erano stati entrambi (e sarà la stessa cosa per quello successivo, che è quello che di cui in origine volevo parlare, ma mi sono dilungata tanto, scusate) sull'amicizia tra razze diverse, sull'affetto che supera ogni difficoltà e se ne frega dei luoghi comuni e degli stupidi commentuncoli degli altri (cose che dovrebbero essere insegnate e spiegate per bene nelle scuole, anche in modo più esplicito se così le nostre piccole promesse del futuro non riescono a capirlo e ci riempiono i giornali di ragazzini suicidi stanchi di farsi bullare), questo invece invita a riflettere principalmente su sé stessi, sulla propria storia, sulle proprie abilità, caratteristiche, capacità; insegna a capire la propria unicità e a saper contare sulle proprie qualità. una versione un po' più romanzata del più spiccio un pesce si sentirà sempre un idiota se lo valutiamo in base alla sua capacità di andare in bicicletta.

di tutti i libri che avevo ricevuto per il claccaday, l'ultimo che mi mancava da leggere era proprio storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà. ho avuto seriamente paura ad affrontare questo romanzo perché ero certa che mi avrebbe commossa oltre ogni limite imposto dalla decenza (parrebbe che se alla soglia dei trenta ti metti a piangere per qualche film con hugh grant, la società ti comprenderà, perdonerà la tua debolezza e ti confiderà peraltro che no, non sei sola. se ti commuovi per un libro per bambini *leggere le ultime tre parole con aria di disprezzo e poi tornare a sfogliare eva tremila* che parla di un cagnetto e di un ragazzino, beh, sei davvero inqualificabile).


ammetto una cosa prima di cominciare: le tanto temute lacrime non sono giunte e per un motivo ben preciso, e cioè che qui non si gioca sul sentimentalismo spiccio. non avrei potuto essere più grata a nessuno se non a sepúlveda per aver descritto in modo tanto bello e reale la bellezza del legame tra un cane e un ragazzo, senza scadere in melensaggini.

la storia del cucciolo inizia sulla neve, quando cade dalla borsa dell'uomo che lo sta portando chissà dove e rischia di morire congelato. era un cucciolo amato dagli uomini, che dicevano sarebbe diventato un bel cane, ma sulla neve, un cucciolo senza mamma non ha possibilità di sopravvivere.
viene salvato dal giaguaro e cresciuto fino al momento in cui la sua mamma adottiva non lo riporta tra i mapuche, tra la gente della terra. qui, il cucciolo salvato dal giaguaro, viene accolto come un dono tra i tanti doni della terra, e cresce accanto al suo fratellino umano, un cucciolo anche lui, di nome aukamañ - condor libero. al cucciolo che ha dimostrato lealtà a monwen, la vita, non ha ceduto al comodo invito di lakonn, la morte, [...] si chiamerà aufman, che [...] significa leale e fedele.
la vita con i mapuche e con aukamañ è quanto di meglio potesse sperare un cucciolo sperduto sulla neve: aufman vive proprio come se fosse il fratello di aukamañ, è amato e coccolato dai mapuche, un popolo gentile che sa che la natura si rallegra per la loro presenza, e l'unica cosa che chiede è che i suoi portenti vengano nominati con belle parole, con amore.
purtroppo, si sa come vanno le cose. si sa chi è più forte tra gli uomini che vivono in armonia con la natura e quelli che sanno solo contare i soldi nelle loro tasche, e per i mapuche, come per aufman, le cose non saranno per nulla facili...

illustrazioni di simona mulazzani

non voglio spoilerare il resto della storia, perché merita davvero una lettura. è un libro che consiglierei a tutti, ma proprio tutti, senza prestare troppa attenzione alla dicitura età consigliata.
dicevo, mancano le melensaggini, ma tutta la vicenda ha il tono delle antiche leggende, delle storie che i vecchi anziani raccontano ai bambini che sanno ancora emozionarsi per le parole. ha l'aria del racconto attorno al fuoco, la poesia della favola della buonanotte, la forza degli insegnamenti che sanno dare solo gli eroi con le loro gesta, il loro coraggio e il loro immenso amore.
per me è diventato subito un librettino prezioso, uno di quelli che va dritto dritto tra i miei tesori, quelle cose da cui non potrei più separarmi.

the gentlemen's alliance cross

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ho fatto fuori un'altra serie della tanemura e l'impressione che mi ha dato è stata la stessa di full moon. all'inizio ho pensato di avere tra le mani un'immane cretinata, ero quasi tentata di abbandonare la lettura e pregare di riuscire a rivendere la serie su un mercatino dell'usato. poi pian pianino, ancora una volta, la tanemura mi ha sorpresa, e, andando molto oltre le premesse iniziali, the gentlemen's alliance cross si è rivelato essere un titoli interessante, non fondamentale, certo, ma molto carino e più adatto di full moon per quei lettori che non amano gli shoujo troppo melensi.

l'inizio è quasi imbarazzante: ci viene presentata haine, ex studentessa ribelle, con un passato torbido alle spalle, trasformata per amore in gentile fanciulla e allieva all'accademia imperiale, una roba ridicola che dovrebbe essere una scuola, ma non vedrete mai una singola scena ambientata in classe, che divide gli iscritti in tre classi - bronzo, argento e oro - sulla base del reddito della loro famiglia.
se tutto questo non fosse già abbastanza insopportabilmente implausibile, l'unico appartenente alla classe oro è anche chiamato l'imperatore, con relativo comitato studentesco che è una sorta di corte dell'imperatore stesso. questi, teoricamente funzionano come un qualsiasi comitato studentesco, in realtà stanno praticamente tutto il tempo a intessere complicate relazioni d'amicizia e d'amore tra loro. insomma, non so se ultimamente è migliorata, ma la tanemura è meglio quando si butta sul fantasy.
viste le premesse, direte voi, cosa ci hai trovato di tanto interessante? presto detto.
il passato di haine è in realtà molto più complesso di quanto si possa pensare: la famiglia con cui vive in realtà l'ha adottata alcuni anni prima, mentre il suo vero padre prova per lei un immotivato (non è vero, poi si capirà tutto, ma non ve lo dico) disprezzo, al punto tale da accettare soldi per cederla ai nuovi genitori. durante la sua vita da teppista, haine stringe amicizia con ushio, anche lei con una situazione familiare niente male alle spalle.
il ricordo più felice di haine, oltre quelli legati a sua madre, riguardano shizumasa togu, rampollo di una ricchissima famiglia, coetaneo di haine e autore, poco più che bambino, del libro di favole preferito di haine. ovviamente, lei ne è innamorata da sempre, ed è proprio per stare accanto a lui - che è ovviamente l'imperatore dell'accademia - che si iscrive in quella scuola assurda.
man mano che la storia va avanti si scoprono gli altarini degli altri personaggi e il loro passato: maguri, innamorato di shizumasa e amico d'infanzia di maora, nonostante l'aspetto da teppista - in realtà i suoi genitori sono yakuza - è in fondo un cuoricino di panna e diventerà un buon amico di haine, nonostante la loro rivalità in amore. maora, la ragazza tutto pepe, è il personaggio che riserva più sorprese (e anche qui, non faccio spoiler), mentre la candida ushio nasconde un atteggiamento autodistruttivo che non avrei mai pensato di trovare sulle pagine di un fumetto pubblicato su ribon. tra tutti i segreti dei membri del comitato, quello più incredibile è proprio legato a shizumasa e alla sua famiglia, una roba che sembra uscire da uno dei manga della takaya e che mi ha sorpresa non poco. alle vicende del presente e ai flashback dei protagonisti, si aggiungono le vicende del passato, e riguardano proprio la famiglia di haine, l'istituzione della platino - ovvero la fidanzata dell'imperatore - ruolo che ovviamente toccherà ad haine, che all'inizio entra a far parte del comitato in quanto guardia del corpo di shizumasa.

la grafica di copertina di panini è orrida, veramente brutta. le costine, tutte una accanto all'altra, sono sono io non sei tu, ma secondo me il titolo è illeggibile a meno che non sia davvero molto grande.
davvero un pessimo spettacolo, e,
il tratto della tanemura è un po' più spigoloso e meno dolce di quello di full moon, francamente la preferisco in altre opere, ma la cura per i dettagli è sempre la stessa, ed è quello che a me piace dei disegni di questa autrice. ushio è il personaggio che graficamente preferisco (per il resto mi sta davvero antipatica).

un titolo consigliatissimo a chi detesta gli shoujo scolastici - come dicevo la scuola serve giusto da sfondo per la storia - e le storie d'amore in stile arrivare a te. certo, il motore primo di tutta la vicenda sono sempre i rapporti tra i personaggi, ma la trama è molto complessa e articolata, i personaggi in ballo sono tantissimi (non li ho nemmeno nominati tutti), e fino alla fine bisognerà seguire un fitto intrico di relazioni, amori, menzogne, segreti, bugie, mezze verità e tradimenti, per avere un quadro chiaro e definitivo su tutto. unica pecca è che credo sia fuori catalogo, per cui l'unico modo per recuperarlo è cercarlo tra l'usato, cosa che vi consiglierei comunque dato che non merita comunque l'intero prezzo di copertina.

the best of 2016 - paperopoli

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non ho mai scritto una recensione un commento su un vattelapesca disney e non so neanche se questo titolo si può inserire o meno nella categoria vattelapesca disney. a proposito, la definizione vattelapesca disneyè stata coniata su non ricordo più quale forum (se qualcuno lo sa me lo scriva nei commenti!) e poi ha circolato in giro per indicare tutte le ristampe che andavano sulle collane come disney time, tutto disney, speciale disney eccetera. a me è sempre piaciuta moltissimo e devo ammettere che amo molto la mia collezione casualissima di vattelapesca.
ma sto divagando.
the best of 2016 - paperopoli, oltre ad avere uno dei titoli più sbagliati del secolo, è stato anche uno dei titoli disney-panini meno pubblicizzati in assoluto (io l'ho scoperto per caso, nonostante ogni mese controlli per bene tutte le uscite tramite il sito di panini per non perdermi nulla di quello che potrebbe interessarmi). in realtà raccoglie quelle che vengono definite le migliori storie dell'anno appena passato (ragion per cui il titolo più esatto doveva essere the best of 2015) a eccezione di quelle che sono poi state ristampate nelle due collane topolino limited de luxe edition e disney collection, ovviamente, quindi non ci troverete pk o fantomius o pippo reporter.
scelta molto saggia per quanto facile.

ho preso questa raccolta per due ragioni: la prima è che, come si sarà intuito, ho un debole per i vattelapesca e le varie collane di ristampe delle storie di topolino, la seconda è che avendo comprato pochi numeri del settimanale durante lo scorso anno (lo compro solo quando c'è qualche storia che voglio leggere subito e non voglio aspettare i monografici o altre ristampe), avevo buone possibilità di leggere storie che mi sarei persa altrimenti.
mi è andata di straculo visto che ho beccato solo un paio di doppioni. (certo che potevo informarmi prima, ma ho una pessima memoria per i titoli delle storie)

commentino veloce veloce su tutte le storie presenti nel volume:
paperino e l’idolo acquatico, in cui il nostro eroe, incoraggiato da paperoga, si ritrova ad acquistare - senza volerlo - uno strano oggetto a un'asta, la statuetta di una balena chiusa in una gabbietta per uccelli. si tratta ovviamente dell'idolo acquatico del titolo, che porterà i due cugini fino in messico, dove si troveranno a vivere un'avventura tra oasi sperdute nel deserto e gli immancabili cattivoni di turno.
in zio paperone e il quinto gusto e mezzo la famiglia (allargata) dei paperi andrà - più o meno volentieri - alla ricerca di un'antica e perduta spezia dal sapore leggendario, tutto, ovviamente, per rimpinzare le casse dello zione. altrettanto ovviamente, le cose non andranno come erano state programmate.
agente speciale ciccio in: il peso del dovere vede l'aiutante di nonna papera alle prese con problemi... di peso e di lavoro. storia carina, ma non tra le migliori del volume...
molto più divertente invece zio paperone e la magica fuga della numero uno, disegnata dalla mia adorata silvia ziche, e piena di gag tra magie, incantesimi e gli immancabili guai causati dal duetto paperino&paperoga.
dinamite blà e i baci del cocuzzoloè stata una vera e propria sorpresa per me, che non amo particolarmente le storie del vecchio buzzurro, ma questa ha davvero sciolto il mio cuoricino di panna alla fine. dinamite blà sarà davvero un asociale vecchio burbero, ma sa quanto valgono le vere amicizie. molto carina anche
zio paperone e le frottole da un dollaro, la prima dei doppioni, che però ho riletto volentieri: è una storia che si basa sul quando esprimi un desiderio, stai davvero attento a cosa stai chiedendo.
battista mago della finanza lascia il ruolo di protagonista al mio (e non solo) maggiordomo preferito, che si ritrova involontariamente a mettere nei guai zio paperone.
zio paperone e la sfida da 50 $è la storia che mi è piaciuta di più. divisa in quattro parti, vede zio paperone messo alla prova da rockerduck: riuscirà a cavarsela per un mese, con soli cinquanta dollari in tasca e senza poter sfruttare nessuna delle sue risorse? paperone ovviamente accetta la sfida e per un intero mese lavora come dipendente in uno squallido ristorante fast-food gestito dal giovane nipote di una vecchia e taccagna (vi ricorda qualcuno) ricca signora. un mese di lavoro non insegnerà a paperone solo quanto i tempi siano cambiati da quando faceva il cercatore d'oro nel klondike, ma sopratutto ad ascoltare e imparare a capire e apprezzare anche le idee degli altri. almeno fino alla prossima bastonata sul cranio del povero paperino!
paperino, paperina e l’escalation virtuale, ovvero l'amor papero ai tempi dei social, il megalitigio dei due eterni fidanzati a colpi di selfie e status su quackbook. la conoscevo già e non ne sentivo più di tanto il bisogno di rileggerla, l'ho trovata un po' troppo inutilmente polemica circa un problema molto molto mooolto più serio di quanto siamo abituati a pensare.
zio paperone, paperino e paperoga in: quello che conta è il finale non ho capito nemmeno che ci fa in un volume che vuole raccogliere il meglio di qualcosa, perché mi è sembrata proprio una storia bruttina. paperoga riesce a fare di meglio!
per finire in bellezza, la vignetta di silvia ziche della serie che aria tira a... paperopoli con protagonista zio paperone e la più tenace (e innamorata) delle papere.

in sintesi: volumino consigliatissimo agli amanti delle storie di topolino che... non comprano topolino ogni settimana! o a quelli con la memoria corta, o con 5,90€ di troppo in tasca.
io incrocio le dita e spero esca una raccolta simile dedicata a topolinia, e meglio ancora, che nel corso degli anni un'iniziativa del genere diventi appuntamento fisso in edicola!

Daytripper di Fábio Moon e Gabriel Bá

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Daytripper di Fábio Moon e Gabriel Bá, pubblicato negli States nel 2010 da DC Comics, sotto la prestigiosa etichetta Vertigo, raggiunge l'Italia in un'edizione cartonata edita da Planeta DeAgostini e, successivamente (2011), da RW Edizioni.
Già il titolo la dice lunga su cosa aspettarsi da questo volume, benché il rischio di rimanere spiazzati di volta in volta si conserva forte.
Cosa è un daytripper? Non si tratta altro che di una persona che compie un viaggio virtuale, fisico o anche solo simbolico, della durata di un intero giorno, per poi ritornare al punto iniziale o conservando l'approdo come fosse una semplice boa per il successivo viaggio.

*Attenzione! Spoiler!*

Brás de Oliva Domingo è il nostro daytripper: uno scrittore di necrologi che aspira a diventare un affermato romanziere per uscire dall'ombra del più blasonato Benedito, suo padre. Ogni racconto, che sembra essere slegato dagli altri, presenta Brás in diversi momenti della sua vita, anche in maniera inaspettata, ponendo l'accento sulle sue diverse età e mostrandoci, senza però seguire un preciso filo cronologico, la sua nascita, la sua infanzia, i primi amori, il rapporto turbolento col padre, l'amicizia, l'amore, la nascita d'un figlio e la sua vecchiaia, fino alla morte. Perché Brás muore.
Muore ogni volta.
In ogni singolo attimo della sua vita, muore.

È proprio questo l'aspetto, a mio avviso, geniale dell'opera: Brás muore alla fine di ogni capitolo e il tutto viene accompagnato, come per ironia della sorte, da un necrologio sempre diverso.

È come se, concludendosi, ogni capitolo sottolineasse l'importanza che l'evento narrato assume nella storia del protagonista, cambiandone il modo di pensare, di rapportarsi alle persone, di porsi nei confronti della vita e, per ultimo, proprio della morte.


Brás stesso, in un dialogo con il suo amico Jorge:

- Volevo scrivere di vita, Jorge, invece guardami ora...scrivo solo di morte.
- Aah, ma sai bene che la morte è parte della vita, amico mio.
- Hai ragione... La morte è una parte della vita.

In effetti, basta solo questo breve scambio di battute per comprendere la natura di quest'opera che, a mio avviso, appare pregna di un duplice significato: è un inno alla vita, in tutti i suoi aspetti, e mostra quale sia il reale peso di tutte le scelte che si compiono e si portano avanti; allo stesso tempo è un inno alla morte, come parte di essa, come capitolo finale, che conferisce ad ogni singola scelta il potere di rendere ogni attimo come fosse l'ultimo e il più importante. In fondo, quando si sceglie è un po' come morire, se ci si pensa bene, perché per ogni istante successivo si ha comunque la strana sensazione di aver perso ciò che sarebbe potuto essere qualora si fosse fatta la scelta opposta.
Brás è dunque un personaggio a tutto tondo, bambino, adolescente, uomo e, viceversa, uomo, adolescente e bambino.

Eppure, se si volesse andare ulteriormente oltre, si aprirebbero scenari non poco pittoreschi: scegliere è un po' come morire, in un certo senso, perché quando si effettua una scelta si sa cosa si trova  e, di contro, anche cosa si lascia; ogni scelta apre una strada, che si continua a percorrere, ma ne chiude un'altra, che resterà misteriosa, oscura o, più semplicemente, inesplorata (come la morte). Nei meccanismi di quest'opera, il protagonista muore ad ogni capitolo proprio perché, arrivato dinanzi ad importanti istanti della sua vita (professionali, sentimentali, ect.), si ritrova ad avere la possibilità di fare un passo indietro e intraprendere la seconda scelta possibile, una sorta di vediamo come andrebbe se.
Ciò che mi spinge a questa interpretazione è l'atteggiamento stesso di Brás: ad ogni capitolo cambia nettamente il suo modo di porsi nei confronti dell'ambiente, del mondo, delle altre persone che fanno parte della sua vita: nel capitolo iniziale, ad esempio, lui quasi odia suo padre, non sopporta il suo successo, il fatto che si ritrovi ad essere costantemente sotto la sua ombra, eppure dopo essere morto la prima volta, nei successivi capitoli Brás vedrà il padre con altri occhi, prima come meta da raggiungere e poi, addirittura, come maestro di vita.


La morte di Brás è, dunque, un meccanismo cruciale nella narrazione; morire rappresenta proprio la rinuncia ad una situazione presente e, allo stesso tempo, un voler aggiustare il corso degli eventi compiendo un passo indietro.
Non per ultimo, a dare valore a questa tesi, sarà proprio Brás, ormai vecchio, che dirà di aver vissuto al massimo delle sue possibilità, cosa che ci lascia ben capire come questi sbalzi temporali non siano altro che il frutto di continui passi indietro da lui compiuti per aggiustare il suo mondo.

Tutto questo è raccontato in maniera sempre cangiante e in continua crescita, tanto da conferire all'opera un sottile e piacevole lirismo, senza mai appesantirne la narrazione e rendendone la lettura scorrevole e, se vogliamo, con un rapporto quasi ossimorico con gli argomenti principali. Se poi consideriamo lo stile grafico, ci accorgiamo di come la sceneggiatura e i disegni formino un connubio perfetto, fornendo quel colore e calore che il fumetto sudamericano, come pochi, sa mettere in scena.

Una lettura davvero sublime, importante.
Un'opera che sfida il lettore a coglierne tutte le sfumature, i simboli, i gesti compiuti dai personaggi.
Un fumetto che, secondo me, merita di stare in libreria e di cui non se ne potrebbe più fare a meno.


PS: devo dire grazie a Silvia, per il prezioso consiglio lasciatoci tempo addietro sul post che parlava di Rughe di Paco Roca, senza la quale non avremmo conosciuto tutto ciò o, magari, l'avremmo conosciuto davvero troppo tardi. Ancora grazie.
PPS: ovviamente ringrazio anche clacca per il tempo passato con me a teorizzare su questo fumetto e, non di meno, per l'opportunità umilmente concessami. Graaaaaaaazie clacca.

in real life

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chi mi segue sulla pagina fb (lo so che fb è brutto, ma claccalegge è bello, quindi allietate le vostre giornate e mettete un like qui) ha visto che qualche giorno fa mi è arrivato un pacchetto a sorpresa da parte del buon yue lung, con dentro niente di poco meno che in real life, graphic novel presentato a lucca, che avevo messo nella lista dei consigli per gli acquisti, e finalmente sono riuscita a leggerlo. avevo fatto bene a farmi incuriosire da questo titolo? secondo me sì, mi è piaciuto davvero tanto!


non avevo mai letto nulla di questi due autori, ma ho scoperto che cory doctorow fino a ora ha scritto per lo più romanzi, tutti legati al mondo delle tecnologie informatiche, mentre jen wang, della quale ho amato i disegni fin dal primo momento in cui li ho visti, è un'artista americana di origine asiatica, che oltre in real life (unico disponibile in italiano) ha pubblicato un altro libro (koko be good) e altri fumetti - per vedere tutti i suoi lavori andate a vedere il suo bellissimo sito qui.
oltretutto il suo nome compare nella lista degli autori che hanno partecipato al libro di omaggi dedicato ai peanuts, che è stato annunciato a lucca 2015 da panini per settembre.

mi tocca dunque ammettere che il colpo di fulmine quando ho visto l'annuncio è stato tutto dovuto alla copertina, alla ragazza con i capelli rossi che a prima occhiata mi ha ricordato ramona flowers dell'adorato scott pilgrim, con il quale condivide anche la tematica videogames, e in generale con una scelta grafica che mi ha conquistata.

in real life esplora, attraverso gli occhi di anda bridge, il mondo dei videogiochi online e sopratutto la realtà che siamo abituati a non tenere neppure in considerazione dietro gli avatar dei giocatori.
un videogioco in fondo è uno dei tanti modi che abbiamo a disposizione per passare il tempo, ma quando si tratta di mmog (o mmorpg, chiamateli come volete) la nostra esperienza si intreccia necessariamente con quella di altre persone, gente di cui non possiamo immaginare nulla e la cui conoscenza si esaurisce in poche frasi o spesso solo nel loro avatar.
eppure siamo certi che dietro ogni guerriero, mago, curatore, arciere eccetera che incrociamo, ci sia un appassionato come noi (io, a dirla tutta, lo ero poco, e si parla di parecchio tempo fa), o magari solo qualcuno che sta cercando di ammazzare la noia. dopo aver letto in real life questa certezza la perderete completamente, perché questa non è solo la storia di anda, non è solo la storia di ragazzi che giocano online: è una storia che spiega come funziona l'economia e la politica e la società mondiale, se vogliamo, attraverso un gioco. può sembrare assurdo, e infatti persino anda inizialmente non crede possano essere possibili certe cose che scopre chattando con una persona che nel gioco dovrebbe essere sua nemica.


se qualcuno di voi ha mai giocato online, sa bene quanto può essere pericolosa la svalutazione delle monete del gioco: se molti possono spendere soldi veri per comprare il denaro virtuale del gioco, queste persone in pochissimo riescono a diventare molto più forti di chi gioca in maniera "onesta", e in qualche modo, si perde il gusto del gioco, sia per chi ricorre più alla carta di credito che alla tastiera, sia per chi invece gioca seguendo i tempi, ma si vede costantemente superato (e spesso bullato) da chi in dieci minuti ha aggirato, pagando, gli ostacoli di mesi e mesi.
qualsiasi gioco sia, quando questa situazione diventa ingestibile, il gioco stesso viene svalutato. ma, a esclusione dei casi in cui è possibile comprare gold direttamente con una carta di credito, come si fa a procurarsi denaro virtuale in cambio di quello reale? la risposta è semplice e agghiacciante allo stesso tempo: è il lavoro dei gold farmer, gente che gioca per lavoro, per accumulare ricchezza in gold e rivenderla per soldi reali.
ovviamente il ruolo dei gold farmer è illegale e, quando anda inizia a giocare a coarsegold online, pieno di giocatori da tutto il mondo, ma anche gold farmer, viene inserita in una gilda che ha proprio il compito di eliminare, dietro compenso, i gold farmer.

come scrive cory doctorow nella prefazione, nel mondo ci sono i ricchi e i poveri, e sembra che questi non riescano mai ad affrancarsi dalla loro condizione: il motivo è sempre da ricercarsi nelle politiche sociali che riguardano i diritti di queste persone, sopratutto la loro tutela in quanto lavoratori. quando il lavoro non è regolamentato in modo da non trasformarsi in sfruttamento, è impossibile migliorare la propria condizione. ed è proprio questo meccanismo malato che anda riuscirà a scoprire attraverso un'inaspettata amicizia nata in game.


se tutto questo mio pippone vi ha annoiati (ma non abbastanza da essere arrivati qui) ho una buona notizia per voi: in real life non è affatto un noioso trattato di economia legata al mondo virtuale dei mmorpg, anzi la narrazione è piacevole e coinvolgente, i disegni sono espressivi e curatissimi, tracciati con un segno morbido che rende le tavole davvero apprezzabilissime, e quello che vi rimarrà più a lungo nel cuore sono la dolce anda e la sua storia.

consigliato quindi? assolutamente sì, senza nessuna eccezione!

lumina #2! è iniziato il crowdfunding!

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conoscete quella megacicciofigatissima di lumina? se no, penitenziagite e andate a leggere questo post.
intanto, dopo quasi un anno dal primo crowdfunding, che aveva abbondantemente superato l'obbiettivo prefissato, linda cavallini e emanuele tenderini hanno lanciato la nuova raccolta fondi per il secondo volume di quella che potrebbe tranquillamente definirsi la serie più rivoluzionaria degli ultimi anni di storia del fumetto (bum! ma mica tanto...)


luminaè molto più di un progetto portato avanti da due artisti incredibilmente bravi, è una realtà nata con il sostegno e il contributo reale dei fan, una sinergia che fin dall'aprile 2014 ci ha permesso di esplorare questo mondo incredibilmente vasto e complesso.

per partecipare al crowfunding - che in pochi giorni sta già andando alla stragrande - vi basta cliccare sulla pagina di indiegogo dedicata al volume due di lumina, intanto facciamo il punto della situazione:

il nuovo volume conterà 120 pagine, molte di più rispetto a quello precedente, sempre disegnate da linda ed emanuele, sempre stampate in esacromia.

 tra tutti gli altri perk (ossia le ricompense disponibili per i sostenitori) ci sono l'artbook, disegni originali, statuette e un sacco di altra bella roba.

 il nuovo volume, nonostante quanto detto sopra, costerà quanto il primo, ovvero 25€

 il goal, rispetto all'anno scorso, si è abbassato notevolmente, quindi sarà più facile raggiungere l'obbiettivo finale (come se ce ne fosse bisogno!)

 sono stati aggiunti obiettivi extra nel caso in cui (e sarà sicuramente così) si superasse il primo goal, che permetteranno di realizzare una nuova colonna sonora pensata apposta per questo nuovo volume e due nuovi spin off (del primo, dedicato a shani, ne ho parlato qui).
(io, manco a dirlo, ci spero davvero tanto negli spin-off! quindi forza!!!)


se poi state pensando che sarebbe bellissimo ma io mi sono perso il primo volume e quindi non ci capirei nulla, peccato, niente di più sbagliato, perché potete acquistarlo qui o scrivere agli autori per farvelo mandare insieme al secondo e risparmiare sulle spedizioni.
insomma, non avete scuse per perdervelo!
i link per maggiori informazioni, contatti eccetera sono:
gli hashtag ufficiali (ommiddio, l'ho scritto davvero!) sono #Lumina #GoLumina #WorldofLumina.

sostenete e condividete il progetto, fatelo conoscere ai vostri amici, lettori eccetera, per tutti gli aggiornamenti, vi ricordo che c'è anche la pagina fb di claccalegge!

anomalisa

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anomalisaè un film che mi ha sconcertata moltissimo.
ci tengo a precisare che quella che segue non sarà una recensione, non lo sono mai e questa lo è meno delle altre volte, ma solo una serie di riflessioni che questo film ha generato nel mio cervellino, tanto che ho dovuto abbozzare tutto in piena notte, avevo decisamente bisogno di parlarne.
mi aspettavo qualcosa che mi illuminasse sul senso della vita, che mi aprisse la mente a verità nuove, che mi mostrasse qualcosa di più sulla natura umana. o forse mi aspettavo solo un film che riuscisse a nobilitare l'essere umano.


*attenzione, spoiler!*
invece di nobilitante non c'è nulla. michael stone non è un eroe, è un normalissimo uomo solo, stanco e annoiato da un successo di poco conto, un autore di manuali letti da una fascia di persone presumibilmente parecchio povere da un punto di vista letterario e intellettuale.
un uomo che ha alle spalle una banalissima moglie con la quale non ha dialogo, un figlio a cui non importa nulla di lui se non che gli porti un regalo come souvenir dal suo viaggio di lavoro e una ex-fidanzata mollata senza motivo alcuno.
michael non è giovane, non è bello, ha il vizio del fumo e dell'alcol. si trova in una città diversa e non ha nessun interesse a provare a viverla, fosse anche per un giorno.
michael stone è un uomo come tanti, una persona che mi viene da definire grigia, che si può detestare con la facilità con cui vien voglia di schiacciare uno scarafaggio.
il suo modo di rapportarsi alle persone non ha nulla di straordinario, neppure di interessante. un uomo gli tiene la mano in aereo perché ha paura di volare e non c'è la moglie a fargli compagnia come al solito, l'addetto alla reception in albergo è gentile con lui solo per dovere, il fattorino solo per la mancia. l'ex-fidanzata accetta di rivederlo per cercare di capire perché è stata mollata, quando lui invece vorrebbe solo un po' di compagnia a letto durante la notte, nessuna voglia di instaurare un rapporto o di recuperare quello che c'era, emily e lisa si lasciano abbordare solo perché sono sue fan, lisa si fa portare a letto da lui perché perché no?.
ci sono intere scene create ad hoc per sottolineare la banalità e anche lo squallore della vita di michael, come il tizio nel palazzo di fronte che si masturba davanti al pc, o l'interminabile pisciata appena rimane solo in stanza, il discorso vuoto che cerca di ripetere senza credere davvero a quello che dice.
anomalisa insomma è un riuscitissimo film su come sia facile rendere la propria vita brutta, squallida e banale: michael stone è l'esempio perfetto di uomo mediocre, squallido e banale.
cos'è allora lisa, l'anomalia di cui parla il film?
michael la riconosce come l'unica, oltre a lui, dotata di un'individualità. in qualche modo se ne innamora, o forse si convince di farlo. passa con lei una delle notti di sesso più mediocri della storia del cinema (e mi auguro anche di quella delle stanze da letto reali) per poi, l'indomani mattina, cominciare a farsi annoiare da lei, a lasciarsi infastidire e a cominciare a perdere di vista la sua specialità che l'aveva conquistato poche ore prima: lisa perde il suo carattere di anomalia, diventa una fra i tanti, una di tutte quelle persone di cui a michael non importa assolutamente nulla, una di quelle persone che non ha, ai suoi occhi, neppure un volto o una voce riconoscibili.


ora, io questa faccenda dei visi e delle voci tutte uguali, non la interpreto come sintomi di una patologia neuropsichica (il riferimento alla sindrome di fregoli l'ho scoperto grazie a bolla), ma come una simbolizzazione del modo in cui michael stone vede li altri: un'informe, indistinguibile fiumana di gente anonima, poco interessante e quasi fastidiosa; nessuno lo stupisce, nessuno lo attrae, nessuno lo fa stare bene o semplicemente lo fa sentire meno solo. tutti sono la gente, e la gente è lì pronta ad adularlo e amarlo e sopratutto ad annoiarlo, o meglio ad amare e ad adulare il michael-autore-di-manuali. forse a causa del suo successo di scrittore, forse per semplice incapacità di empatia, lui in qualche modo si sente migliore degli altri e superiore a loro (il sogno è molto illuminante su questo argomento).


a un certo punto, nell'albergo in cui alloggia, incontra lisa. lei è l'unica, oltre a lui, ad avere un'identità: il solo modo in cui posso interpretare tutto questo è che in realtà non si tratta di niente di meno che di una cotta bella e buona: non ci innamoriamo forse di chi reputiamo diverso, speciale, unico in mezzo all'immane carnaio di esseri umani di cui poco ci importa e che non ci danno assolutamente nulla se non il fastidio della loro presenza? la persona che amiamo di solito non la amiamo perché è oggettivamente più bella, più intelligente, più sicura di sé, la amiamo in quanto l'unica e la sola a rendere la nostra vita migliore. lisa è così: non è bella né affascinante o intelligente, è speciale e questo basta. ma dopo poche ore perde la sua unicità e anche lei acquista l'aspetto e la voce di tutti gli altri, ma non per colpa sua, lei non fa nulla di male, è michael a proiettare su lei la sua visione del mondo e - nella sua mente - a renderla colpevole di essere come tutti.


in un arco di poche ore, la storia di michael e lisa riassume il dramma dell'amore che finisce, della passione che si spegne, della caduta, irrevocabile, di quel velo che ci porta a vedere l'altro come l'unica e fondamentale presenza che possa farci accantonare il disagio della solitudine.
banale per quanto possa sembrare, credo che tutto possa riassumersi con l'abusatissima la felicità è dentro di te: non sono gli altri che possono renderci la vita migliore, è il nostro atteggiamento nei confronti del mondo che determina come vediamo il mondo.
il discorso di michael è forse la parte in cui si svela al meglio il dramma interiore di quest'uomo detestabile: scovare in ognuno ciò che lo rende unico, rendersi conto che ogni persona ha una storia, ha sofferto, ha vissuto. sembrerebbe banale anche questo, e lo è, al punto che a dirlo è un uomo che non riesce a vedere in chi lo circonda solo lo stesso, anonimo, volto.
michael non è attorniato esclusivamente da persone inutili e tutte uguali. michael non è paranoico né ha altre strane malattie neurologiche o psicologiche: è solo tanto grigio dentro da vedere anche anche gli altri ingrigiti, inutili, uguali, sostituibili, insignificanti, anonimi, è incapace di costruire legami, per non parlare delle relazioni affettive.

un piccolo dettaglio che reputo importante: le luci del film sono sempre fioche o artificiali, i colori poco saturi, gli ambienti claustrofobici. è tutto, letteralmente, grigio, tranne nel momento finale in cui guardiamo la realtà con gli occhi di lisa: luci e colori cambiano e finalmente possiamo prendere un sospiro di sollievo.

tecnicamente ineccepibile: realizzato - come sapete già da mesi, perché praticamente prima che uscisse il film sapevamo di più su come era stato fatto che di cosa trattasse - in stop motion con una cura incredibile dei particolari, la sensazione che da vedere questi pupazzetti (argh! l'ho detto!) recitare come attori reali è straniante: da un lato, l'effetto è molto realistico, dall'altro tutto ciò enfatizza l'atmosfera da incubo a occhi aperti che vive michael e noi con lui, cosa a cui, come ho detto sopra, contribuiscono fotografia e regia.

in definitiva un film sicuramente da vedere, bello e profondo, ma - almeno per me è stato così - diverso da quello che i trailer ci avevano lasciato intuire.

intervista a sergio algozzino

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conosco sergio da quando avevo, boh?, quindici o sedici anni. lui è una di quelle persone incredibili che riescono a fare così tante cose, e tutte così bene, che un po' mi è rimasto il dubbio che in realtà abbia altri tre gemelli segreti.
palermitano come me, sergio algozzino è famoso come autore unico per titoli come ballata per fabrizio de andré, pioggia d'estate, dieci giorni da beatle, il più recente memorie a 8 bit, ma ha collaborato anche ad altri progetti (monster allergy per citare quello che amo di più, di cui ha colorato diversi episodi, oltre a svariate pubblicazioni con diverse e importanti case editrici italiani con panini, red whale, marvel e bonelli).
insegna alla scuola di fumetto di palermo e dal 2006 gestisce il forum kinart, dove trovare informazioni, consigli, tutorial, lezioni e tutto quello che può servire a chiunque voglia diventare fumettista (o a chi lo è già).
se tutto questo vi sembra già tanto, evidentemente non conoscete il sergio cantante e musicista, che nel corso degli anni si è esibito in tributi a gruppi come queen e beatles, ha cantato e inciso pezzi originali e nel 2012 sul suo canale youtube ha portato avanti il progetto una canzone al giorno. più di recente, nel corso dello scorso anno, ha trasformato il suo memorie a 8 bit in uno spettacolo recitato e cantato in cui ha raccontato la nostalgia di quelli degli anni '80 per quelle che sono state delle vere e proprie icone pop della nostra infanzia, tra videogiochi e sigle dei cartoni animati e anche il canale ha cambiato aspetto e temi, a favore di memorie a 8bit

ad essere sinceri, mi sono sempre un po' intimidita a scrivere dei libri di sergio, ma il suo nuovo progetto, in uscita a maggio per tunué, mi ha incuriosita così tanto che sono finalmente riuscita a superare parte delle mie paranoie, e mi sono decisa a chiedergli finalmente di dedicarmi qualche minuto per parlare del suo lavoro e del prossimo storie di un'attesa, del  quale trovate un paio di immagini in anteprima.
buona lettura!


ciao sergio! grazie mille per aver accettato quest'intervista e benvenuto su claccalegge!
tu fai fumetti da, praticamente, sempre, il tuo stile è cambiato parecchio nel corso del tempo ma rimate molto particolare, praticamente inconfondibile. c'è qualche disegnatore che ti ha ispirato in qualche modo, che più di altri potresti citare come tuo modello?
Sono un grande appassionato di quello che faccio, magari pensereste sia normale, ma c’è chi riesce a fare fumetti senza avere la voglia di voler conoscere tutto sulla loro storia ed evoluzione. Non è che io sia migliore per questo, più semplicemente è un diverso approccio al mezzo. Diciamo che più che fare fumetti perché ho qualche talento particolare ci sono andato al contrario: faccio fumetti perché amo visceralmente i fumetti stessi.
di solito come lavori alle tavole dei tuoi fumetti? usi solo matita, pennino, acquerelli, insomma tecniche definibili "tradizionali" o ti affidi anche a photoshop?
Dipende quello che faccio. Per i miei libri, tendenzialmente faccio tutto a mano, ma in quest’ultimo ho sentito l’esigenza (anche narrativa) di fare una post-produzione per qualche effetto particolare, ma solo in determinate sequenze. Non ho problemi a usare l’una o l’altra tecnica, l’importante è che sia funzionale alla storia. In versione tradizionale, vado di matite, pennarelli e acquarelli, ma non so come potrei fare il prossimo libro!
come nasce un romanzo a fumetti? costruisci prima mentalmente trama e personaggi o li lasci che tutto si sviluppi da se in corso d'opera?
Ho tante idee, e ogni tanto qualcuna mi assale più del dovuto. Così, inizio a svilupparla, e a scrivere la sceneggiatura, che nel mio caso è un vero e proprio storyboard, come se stessi disegnando, ma senza disegni, scrivendo direttamente il testo nelle vignette. Poi, in corso d’opera, disegnando, c’è una certa soglia di imprevedibilità, ma con un margine abbastanza stretto. Mi piacerebbe fosse di più, ma allo stato attuale sono ancora abbastanza scientifico. La parte della scrittura, infatti, è quella che mi soddisfa di più, lì vado a cascata, senza freni. 
e a proposito, parliamo del tuo ultimo lavoro, storie di un'attesa, in uscita tra qualche mese. sembra abbastanza diverso dalle tue opere precedenti, che rimandavano al mondo della musica o a esperienze più autobiografiche.
ci racconti un po' di cosa tratterà?
È un libro su uno stato emozionale molto particolare. Il concetto è molto da Sabato del Villaggio, riadattato a Palermo, che ne è lo scenario incontrastato. Saranno tre storie concatenate, in tre epoche differenti, costruite a ritmo alternato, e ognuna di esse porta alla stessa conclusione, ovvero che siamo tutti più impazienti, più frenetici, e non importa se abbiamo vissuto un’epoca in cui, senza internet e smartphone, si “aspettava” ancora molto, perchè ormai siamo tutti così. Poi ho messo dentro tanti altri elementi che volevo sviluppare prima o poi, con una approfondita ricerca sulla Palermo degli anni 40, e su certe comunità, con certe abitudini. È stato un viaggio bellissimo, con grandi sorprese e straordinarie coincidenze, e ci ho messo tutto me stesso. 
come mai hai scelto proprio la tematica dell'attesa? da dove nascono le storie di cui racconti in questo nuovo progetto?
Altro elemento portante del libro è il gioco degli scacchi. L’idea di tutto nasce prendendo spunto dalle vecchie partite a scacchi per corrispondenza, dove fra tempi di gioco e postali potevano passare mesi prima di muovere un pezzo della scacchiera. Impensabile, ai giorni nostri. Poi, volevo fare qualcosa su Palermo, e mi son trovato improvvisamente fra le mani tre storie che avevano un unico minimo comun denominatore.
lo spettacolo nato da memorie a 8 bit ha avuto un sacco di successo, a me è piaciuto tantissimo, è stato qualcosa di divertente e coinvolgente, diverso da quello che di solito ti capita di trovare in un live in un locale o un teatro. per quanto quest'opera sia diversa dalla precedente, pensi che potresti portarla in giro come è successo con memorie, unendo ancora una volta musica e fumetti?
Ogni libro per me ha una sua vita, indipendente e imprevedibile. Coi libri “musicali (De Andrè e Beatles) ho fatto presentazioni musicate, con Memorie lo spettacolo e i video su Youtube... con questo non vedo nulla di tutto questo, forse sarà la prima volta che parlerò e basta. O forse no.
ti faccio una domanda forse un po' scema, ma mi sono sempre immaginata la classica scena in cui una zia chiede al nipotino "cosa vuoi fare da grande?" e si aspetta la solita risposta tra le classiche l'astronauta, il calciatore, il poliziotto eccetera, magari rimarrebbe un po' stranita da "il fumettista".
hai mai avuto la sensazione che qualcuno reputasse quello del "disegnatore/scrittore di fumetti" un lavoro un po' troppo fuori dal comune?
Sempre, ma sono stato abbastanza fortunato, perché i miei genitori non mi hanno mai preso per pazzo, e mi hanno davvero lasciato credere in questo folle sogno che vivo ancora oggi.
negli ultimi anni il fumetto in italia è stato un po' rivalutato e in qualche modo "nobilitato", sopratutto grazie alla presenza dei graphic novel (e di recente anche i fumetti seriali) in libreria, che li hanno sdoganati anche tra chi qualche tempo prima non avrebbe considerato la lettura di fumetti poco più che un passatempo. è diverso fare fumetto oggi rispetto a dieci, quindici anni fa?
e credi che possa essere cambiato anche un po' il lettore di fumetti in questi ultimi anni, e l'immagine che gli altri, quelli che puntualmente ti prendevano in giro perché quella è roba da bambini, ne hanno?
Fumetti o Graphic Novel, sempre di fumetti si parla. Quando Pratt disegnava Corto Maltese si definiva un “fumettaro”, e chi sono io per atteggiarmi a migliore di lui? Io amo i fumetti, faccio fumetti, uso il termine “libro” solo perché quella è la forma editoriale che prendono, nel mio caso, ma di certo non mi definisco uno “scrittore”, né tanto meno un autore di Graphic Novel, come se fossero qualcosa a parte. Il mercato cambia, cambia sempre. Sinceramente, allo stato attuale, vedo molto più movimento nel versante seriale che nel mio.
la sicilia e particolarmente palermo non sono esattamente rinomati per l'attenzione che si da al fumetto, mi viene immediatamente naturale contrapporre la nostra città a posti come bologna, dove tra case editrici, fiere, laboratori di autoproduzioni eccetera, l'atteggiamento è molto diverso. è pur vero che negli ultimi anni la situazione è cambiata, con la nascita della scuola del fumetto, con le fiere come l'etna comics e quella più recente che si è svolta per la prima volta a palermo lo scorso anno, la nascita di nuove case editrici, di nuovi negozi specializzati, e la "scoperta" di nuovi autori.
come hai vissuto questo cambiamento – se c'è stato davvero e non era solo una mia mancanza di consapevolezza – e come pensi possa cambiare tra qualche anno questo scenario?
Quindici anni fa era davvero un mondo a parte. Ormai, Palermo, e la Sicilia, è ricca di autori di altissimo livello, e non abbiamo nulla da invidiare a nessun altra città in quanto a fermento creativo. Ci frega solo la posizione geografica, ma su quello poco possiamo fare!
tu sei un autore completo, ma se dovessi lavorare in coppia con un altro autore, chi ti piacerebbe che fosse? (anzi ti chiedo due nomi, uno sceneggiatore di cui vorresti illustrare la storia e un disegnatore a cui affidare un tuo racconto)
Anzitutto, mi piacerebbe più scrivere che disegnare. E lo sto facendo. C’è già al lavoro qualcuno per un prossimo libro di cui curerò soltanto la parte scritta. Amo così tanto autori, sia come sceneggiatori che come disegnatori, che sinceramente non saprei dirti. Torno a quello che ho detto prima: per me è la storia che comanda, quindi anzitutto si parte da quella!
forse è un po' troppo presto per una domanda simile, visto che il tuo ultimo lavoro non è ancora stato pubblicato, ma quali sono i programmi (e sogni) per il prossimo futuro?
Vorrei fare sempre di più. Mi sento sempre in difetto. E spero di concretizzare alcune cose a cui tengo molto entro breve... Con la presentazione incredibile che mi hai fatto sembrerà una presa in giro, sarà che il mio modello in questo senso è sempre Osamu Tezuka, che nella vita ha fatto così tanta roba che devo augurarmi di riuscire a farne almeno un decimo!
e e e grazie mille per la tua pazienza e per il tempo che mi hai dedicato! millemila inboccallupo e un abbraccio! ♥ non vedo l'ora di leggere il tuo nuovo libro!

commenti randomici a letture randomiche - parte XIII

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giorni e giorni e giorni che mi sembra di non concludere nulla eppure non trovo il tempo per dedicarmi come vorrei al blog.
e neanche per finire di leggere tutto quello che vorrei (per dire: il misterioso recensore mi ha prestato equinozi, e sta lì in attesa. c'è in attesa ancora anche il mega-volumone di mickey mouse mystery magazine che ho recuperato a novembre e che sta veramente mettendo a dura prova la mia pazienza: è troppo grande e pesante per essere letto senza che mi venga il mal di schiena! sigh).
non so se lo sapevate, ma clacca oltre che leggere, ogni tanto si diletta a scarabocchiare cose. e siccome qualche tempo fa avevo iniziato a scarabocchiare sulla ceramica, ho poi deciso di prendere un forno serio, dei colori seri e mettermi a lavorare in modo serio.
quindi da circa una settimana a casa c'è un forno grosso quanto tre clacche e mezzo che attende che "sì, vengo tra qualche giorno a sistemare la presa" e "sì, ho scordato le piastre ma te le mando subito per posta" diventino realtà. e sopratutto aspetta che a me passi il panico da "ommioddio non ce la farò mai". se poi mi seguite anche su instagram, avrete notato che sto cercando di riprendere la mano con matita e pennelli... e avrete sicuramente notato anche che ultimamente mi sono passati tra le mani un sacco di titoli interessanti, quindi è giunto il momento di andare oltre le fotyne bimbominchiesche e spendere due paroline sulle ultime letture nella vostre (non)rubrica randomica preferita!

innanzitutto gioia, gaudio, letizia e felicità per il ritorno di aki irie e del suo bellissimo il mondo di ran. mancava da quanto? quasi tre anni? e io mi ero completamente dimenticata di alcuni particolari, anzi a dirla tutta, di un buon 80% della trama. così nelle ultime settimane, oltre a recuperare gli ultimi due volumi usciti, ho riletto anche quelli precedenti.
i volumi 4 e 5 sono il collegamento perfetto tra i primi, che ci erano serviti a introdurre i personaggi e il loro contesto, farci conoscere il loro carattere e farli legare per bene tra loro, e gli ultimi due, che non vedo l'ora di leggere, ma sono certa che concluderanno in modo eccellente la storia della streghetta e delle sue scarpe magiche.
senza fare troppi spoiler, dico solo che si capisce finalmente qualcosa di più su tutta la storia degli insetti e sul lavoro di shizuka e delle ali nere: la vicenda prosegue a ritmo serrato, ci si prepara a uno scontro importante, io prevedo lacrime come non mai, anche se non so se di gioia o di tristezza, e nel frattempo si tira un sospiro di sollievo e ci si rilassa un po' con gli extra tra un capitolo e l'altro: non si tratta però di storie slegate da quella principale, quindi non saltatele!
lacrime di tristezza per la copertina del quinto volume che cambia completamente stile rispetto alle prime quattro che erano davvero bellissime... perché signora irie? perché???

un'altra cosa che desideravo leggere tantissimo era il volumetto cartonato che raccoglie i primi sei capitoli di darth vader, un'altra serie marvel dedicata al mondo di star wars (ho parlato del primo volume skywalker colpiscequi). ero abbastanza entusiasta dopo la lettura di skywalker colpisce, adoro l'universo di star wars e darth vader è uno dei miei personaggi preferiti in assoluto, quindi l'hype per questo volumino, che è anche uscito in ritardo rispetto a quanto previsto era alle stelle. però devo ammettere che, forse proprio per colpa delle mie aspettative troppo alte, mi ha delusa un po': la storia si svolge proprio dopo la distruzione della morte nera ad opera di luke e ha ovviamente per protagonista il nostro caro signore oscuro, caduto in disgrazia agli occhi dell'imperatore che adesso lo manda a fare il galoppino in giro per l'universo. umiliato e per nulla convinto di farsi trattare a pesci in faccia, darth vader riesce a rintracciare e a mettersi in contatto con aphra, una giovane archeologa criminale che riesce a mettere in piedi, grazie agli inquietantissimi triplo zero e bt-1, copie "cattive" di c-3po e r2-d2, un esercito di droidi a servizio del fu skywalker. nel frattempo l'imperatore sta cercando un sostituto a vader stesso, qualcuno più "al passo con i tempi", che non confidi tutto nella forza, ritenuta - in modo insopportabilmente blasfemo - ormai obsoleta: per un buon numero di pagine vedremo darth vader sfidare una serie di mercenari pieni di innesti e modificazioni biologiche varie in una tornata di duelli a dir poco soporiferi.
il volume si chiude con un flashback in cui il nostro è ancora anakin skywalker e ha appena saputo dell'imminente nascita di un erede, mentre, nel presente, boba fett gli ha appena comunicato - e questa scena è la stessa che si trova alla fine di skywalker colpisce - che il responsabile della distruzione della morte nera è un tale skywalker...
insomma, si poteva fare di meglio, ma mi piace molto aphra, mi piacciono anche i due nuovi droidi anche se mi fanno davvero paura e sopratutto non vedo l'ora di leggere i prossimi episodi, perché per quanto possa essere stato un volume deludente, il fangirlismo è duro a morire.

e a proposito di ritorni inaspettati e fangirlismo, è tornata sugli scaffali delle fumetterie anche kei tome, ovviamente non c'entra niente l'ormai senza speranze canta "yesterday" per me, ma si tratta di mahoromi, primo di una serie di quattro volumi, che mi ha convinta a togliere l'embargo a goen, benché il mio timore che riescano a bloccare persino una miniserie di quattro volumi rimanga intatto. ma è la tome e quindi tocca rischiare.
in questo primo volume ci sono tutti gli elementi cari alla nostra autrice: ragazzi che studiano arte, i ricordi legati agli oggetti antichi, una bella e misteriosa ragazza con i lunghi capelli neri e un protagonista che si ritrova a vivere strane avventure e a sconvolgere la sua banale tranquilla vita di ogni giorno.
il protagonista della storia è niwa, uno studente di architettura che inizia a vivere nella casa del nonno defunto, anche lui a sua volta architetto. a casa, niwa si sente come un ospite indesiderato, come se qualcosa gli dicesse di andar via, o più probabilmente è l'imbarazzo di vivere a casa di un nonno che non ha mai avuto modo di conoscere quando era in vita, ma che parrebbe essere molto famoso e benvoluto da tutti. tra i ricordi del nonno appare anche una fotografia di una ragazza sconosciuta, che però non è la nonna di niwa. nel frattempo, coinvolto dalla collega e amica akira, scopre di avere un potere incredibile: toccando alcuni oggetti di antiche case abbandonate, ormai prossime alla demolizione, può vedere i ricordi delle case, di chi ci aveva vissuto, e grazie a mayuri, una ragazza dai lunghi capelli neri che somiglia alla foto misteriosa, scoprirà che le case possono avere rimpianti e desideri...
insomma, la solita meraviglia in perfetto stile kei tome. non so come possa non piacere, io adoro i suoi lavori, anche se spesso c'è così tanta malinconia!

per tirarci su di morale, due paroline veloci veloci anche su romantica clock, che arrivato al terzo volumetto, mi fa confermare la prima impressione che ho avuto per questa serie, ovvero che mi piace tantissimo! il rapporto tra i due gemelli si fa sempre più stretto e akane è tanto ingenua da risultare pericolosamente ambigua nei riguardi del fratello aoi.
intanto sembra che per shin si debba aprire una parentesi che spero non sia troppo lunga, mentre fa la sua entrata in scena un nuovo personaggio, ayumu, che sembra arrivare proprio per rompere le uova nel paniere a tutti quanti...
e poi ci sono i gattini! no, scherzi a parte, il pregio principale di questo manga è che nonostante sia una lettura molto mooolto leggera, non ha ancora calato il tono, rimane sempre allegro e divertente senza scadere nel ridicolo e ha dei personaggi ben caratterizzati ai quali ci si affeziona per forza.
continuo a pensare che, al momento, sia tra i migliori shoujo in circolazione.

ah, sto continuando il mio recupero spasmodico dei fumetti di arina tanemura. ormai sono solo alla ricerca di tre volumini di jeanne e poi posso dire di aver completato tutte le serie lunghe. spero di poter prenotare ogni nostro venerdì (l'ho sfogliato in fumetteria e mi è parso carino, ma sto cercando di non cominciare nuove serie perché ho un sacco di roba da recuperare!), quindi se conoscete qualcuno che lo venderebbe a serie conclusa fatemelo sapere! ho letto mistress fortune, che è stato carino, e adesso sono invischiata fino al collo in la spada incantata di sakura, che mi sta prendendo da matti e mi ha fatto tornare con la mente a quando avevo, boh, sedici anni?, e avevo scoperto il mio primo shoujo fantasy, fushigi yuugi, del quale mi sono innamorata perdutamente e che mi piace tantissimo anche adesso.
comunque, senza divagare troppo, la spada incantata di sakura mi sta piacendo da morire, molto più di alliance cross, sono davvero contenta di averlo recuperato e ve ne parlerò al più presto!

la spada incantata di sakura

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continuo il mio recuperone dei manga della tanemura! ho jeanne in lettura ma qualche giorno fa mi sono sciroppata senza alcuna decenza tutto la spada incantata di sakura in poco più di ventiquattr'ore. e al momento posso dire che è esattamente il tipo di manga che speravo di leggere da quando avevo iniziato the gentlemen's alliance cross: un fantasy di tutto rispetto in cui si alternano azione e storie d'amore, senza contare che i disegni di questa serie sono al momento, secondo me, i più belli che la tanemura abbia mai realizzato.


si tratta della serie lunga più recente prima di ogni nostro venerdì, dodici volumi ambientati nell'epoca heian (dal 794 al 1185) che raccontano la storia della principessa sakura e del suo destino.

la protagonista della storia è la principessa sakura, la cui famiglia è misteriosamente scomparsa e che fin dalla nascita è stata promessa in sposa al principe oura. proprio alla vigilia delle nozze, tutte le certezze di sakura crolleranno come un castello di carte al primo soffio di vento: scoprirà di essere la nipote della principessa della luna kaguya e di aver ereditato anche il suo destino di eterna sofferenza: odiata dagli uomini per la sua natura di creatura lunare e dagli abitanti della luna per la sua vicinanza agli esseri umani, segnata dalla nascita dal suo ideogramma del destino "sterminio" che le aveva già imposto, fin dal primo momento, di diventare colei che può impugnare chizakura - la spada divina di kaguya - e di uccidere con quella gli oni, una volta abitanti della luna, adesso esuli sulla terra, dove per sopravvivere sono diventati mostri mangiauomini.
nonostante il suo difficile destino, sakura è una ragazza dall'infinita forza d'animo, allegra, solare e piena d'amore e d'affetto sincero per i suoi compagni, come di compassione per i suoi nemici: al momento è la protagonista che preferisco tra quelle dei manga della tanemura, non solo per i suoi tanti pregi, ma anche per la sua fragilità, per il suo bisogno d'amore, per il suo struggente desiderio di andare anche contro il destino pur di proteggere chi ama.
la sua storia si intreccia con quella di tanti personaggi secondari, ognuno con la propria vicenda e i propri legami che via via si faranno più intricati man mano si svolgerà la trama, con dei colpi di scena davvero imprevedibili.
nonostante la complessità degli intrecci, la lettura è scorrevole e piacevolissima, proprio grazie al modo in cui tutti i personaggi risultano ben caratterizzati e psicologicamente plausibili, nonostante si parli di creature lunari, trasformazioni, maledizioni, eccetera.
i temi sono un po' quelli che si trovavano anche in full moon - la dicotomia vita/morte, il destino, la ricerca dell'amore - ma qui tutto è trattato in modo più maturo: nonostante per ognuno il destino sia già scritto al momento della nascita, ciascuno deve lottare per scegliere ciò che è più importante della propria vita, il vero compimento della propria stessa esistenza.

in definitiva stramegaconsigliatissimo, anche se vi direi di non cominciare con questo se volete leggere altro della tanemura perché, come accennavo sopra, la spada incantata di sakuraè un po' la summa sia delle tematiche care all'autrice, sia delle tecniche narrative e grafiche, insomma un titolo che completa un percorso iniziato con jeanne, di cui spero di parlarvi presto.

tobiko

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credo che non ci sia cosa più bella, per un appassionata di fumetti, che scoprire nuovi autori e nuovi modi di raccontare che piacciono fin dal primo sguardo.
per me con tobikoè stato così: inizialmente mi ha fatto subito venire in mente due artiste che amo tantissimo, junko mizuno e lilidoll. leggendo il volume (grazie mille a bao publishing che me ne ha regalato una copia ) mi sono accorta che maurizia rubino non solo si inserisce a pieno titolo in quello stile che io adoro, capace di mischiare insieme caratteristiche pop-kawaii e altre più dark, ma che è riuscita a creare qualcosa di nuovo, che unisce illustrazione e fumetto in senso stretto, un modo di raccontare per immagini che funziona meravigliosamente bene.


in un futuro post-apocalittico, l'umanità e buona parte delle razze animali si sono istinte, perdendo la capacità di amare in una folle corsa verso il progresso in cui investirono tutte le loro forze. rimangono solo due specie, gli orsi e i corvi, i quali, nonostante siano riusciti a sopravvivere, rimangono in lotta tra loro, come se non avessero capito ancora che il desiderio di supremazia non porta nulla di buono per nessuno.
sul pianeta vive anche una ragazzina, un'umana sopravvissuta all'estinzione perché allevata dai corvi: è tobiko, una bimba che sogna di riuscire a costruire delle ali per imparare a volare. quando incontra pop, nonostante lui sia un orso, tra i due nasce un'amicizia sincera e dolce, che va oltre le differenze e non si cura della guerra perenne tra le due specie. ma il loro sentimento è destinato ad andare incontro a parecchi ostacoli...

non voglio fare spoiler sulla trama, ma vorrei rispondere all'odiatissima domanda "di cosa parla?". tobikoè innanzitutto una storia d'amicizia e d'amore, ma racconta, senza essere noiosamente didascalico, di quello a cui porta il progresso inarrestabile, la prepotente volontà di essere al di sopra di tutti gli altri invece che accanto.
il mondo di tobiko è un ambiente dai colori freddi, fatto di boschi cupi e quasi disabitati, in cui i piccoli animali cercano di sopravvivere alle battaglie tra orsi e corvi. è un mondo in cui una bambina incapace di volare, e quindi di far la guerra come i corvi da cui è stata allevata, cresce sola, convinta di non essere utile e indispensabile a nessuno fino a che non incontra un piccolo orso che anziché seguire le regole diventa suo amico.
un pianeta in cui l'amore è stato accantonato a scapito di una lotte folle e ormai sterile, ma nel quale due piccole creature ne conoscono ancora l'importanza.


graficamente splendido, tobiko, dicevo all'inizio del post, è un bel mix tra fumetto e illustrazione: di entrambi coglie gli aspetti più funzionali alla narrazione, forzando le classiche gabbie delle tavole a fumetti e aggiungendo balloon alle illustrazioni a tutta pagina, dando vita a una sequenza di immagini, seppur molto spesso libera dai classici schemi visivi, immediatamente leggibile e sopratutto di grande impatto. insomma, qualcosa alla quale io non ero per nulla abituata né preparata e che mi ha sorpresa molto positivamente.
dominano il nero e il rosa fluo, i toni freddi dell'azzurro, del verde e del viola, dando l'idea di un'atmosfera ai limiti del vivibile in cui però la natura non si arrende e ricopre di vegetazione l'intero pianeta.

un bellissimo esordio di un'artista della quale spero di poter leggere un nuovo libro quanto prima, magari proprio un seguito di questa storia...
consigliatissimo!

anteprima: "sottrazione" di carlo sperduti e intervista all'autore

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il 31 marzo esce sottrazione, una nuova raccolta di racconti di carlo sperduti, autore di un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi (di cui avevo parlato qui) ma visto che claccalegge è uno dei blog più fiQi dell'internét, oggi se ne parla in anteprima, grazie sopratutto a gorilla sapiens edizioni che mi ha spedito una copia del libro!

sulla quarta di copertina di sottrazione (divagazione necessaria: a me sta cosa che le quarte di copertina dei gorillibri - ovvero dei libri della gorilla sapiens edizione - inizino sempre con caro lettore di quarta di copertina mi piace da morire. anche se a me mi non si dice) si legge così:
Caro lettore di quarta di copertina, Come in un labirinto, come tra le pareti di una catacomba, come in una casa affollata di presenze e di vuoti, di cose e discorsi sospesi e di fenomeni inquietanti, in questo libro lo spazio si deforma e restringe, allestisce tranelli, sottrae scalini, nega vie di fuga. Questi 34 racconti, disposti in ordine decrescente di lunghezza, esprimono le infinite possibilità della narrativa breve e brevissima, a dimostrazione empirica del fatto che “scrivere per sottrazione è una moltiplicazione”.
e già mi piace.


un libro di racconti è per me un libro mordi e fuggi, uno di quelli che non sei costretto a rimanere con il naso tra le pagine fino a che non arrivi all'ultima pagina, ed è facile anche perché in realtà di ultime pagine ce ne sono parecchie, visto che i racconti sono parecchi.
come mi era già successo con il tebbirile intanchesimo etc. (che mi ha seriamente fatto dubitare di essere dislessica, cosa che sostengono in molti, non di esserlo, ma che lo sia io, nonostante legga ininterrottamente - quasi - dalla tenera età), ogni volta che inizio un racconto di sperduti mi sembra di essermi appena risvegliata in un posto del tutto nuovo e sconosciuto dopo una gran mazzata sulla testa. non sai bene a cosa andrai incontro, se le regole di quel mondo sono quelle che pensavi di conoscere, se i personaggi non siano dei pazzi sfrenati e potenzialmente pericolosi, se le parole hanno lo stesso significato di quello che fino ad adesso pensavi avessero (che poi penso: magari sono davvero dislessica e da quando avevo sei anni fino ad ora ho letto cose che non solo non ho capito, ma non esistono proprio e magari le parole cambiano ogni volta nella mia testa).

sottrazione mi ha regalato parecchi di questi viaggi strani: dalle case malate ai ristoranti cinesi in cui servono errori (oltre che orrori), dagli armadi a buco nero ai nei antropofagi, da stanze che diventano sempre più grandi a cucine che contengono lasagne paradossali, fino a quei posti in cui le cose smettono di cadere e rimangono ad annoiarsi a mezz'aria, in compagnia di personaggi sorprendenti, tra cui l'uomo che faceva le cose a contrario, isignazio che, vorrei vedere!, odia il suo nome, fumatori troppo timidi e gente che parla sì poco, ma dice sempre cose vere.

a collegare i racconti tra loro non è una tematica precisa o dei personaggi particolari, quanto la sensazione surreale che tutto ciò che non potrebbe avere senso ha davvero un senso, un rincorrersi di paradossi logici, spaziali, temporali e persino culinari, e sopratutto la capacità, che è la cosa che mi piace tantissimo di questo autore, di saper giocare con le parole, con le lettere, per non parlare di punti, virgole e apostrofi.
questo libro mi ha sorpresa, in fondo non è facile sapere cosa aspettarsi da un libro del genere, di sicuro è impossibile immaginare cosa succedere tra due righe, figuriamoci alla fine del racconto, ogni volta, per ogni racconto.

consigliatissimo a chi cerca una lettura un po' diversa da solito, a chi è della filosofia il come mi interessa di più del cosa*.

*in risposta alla detestabilissima domanda: di cosa parla questo libro?

mentre aspettate che sia il 31 marzo per andare in libreria a comprare la vostra copia di sottrazione, leggetevi questa intervist chiacchierata con carlo sperduti!

ciao carlo, grazie mille per aver accettato di dedicarmi un po’ del tuo tempo, e benvenuto su claccalegge!

ho una domanda che riguarda sottrazione, ovvero: perché scrivere una raccolta di racconti basata sulla lunghezza, o meglio sulla slunghezza (cit.) del testo?
Sottrazioneè una selezione di materiale scritto negli ultimi due anni e mezzo circa. Come nel caso di Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi, sempre pubblicato da Gorilla Sapiens Edizioni, si tratta di una raccolta non pensata come tale, ma assemblata a posteriori. Dovendo anche stavolta trovare una via per organizzare i testi (per l’altro libro il criterio era tematico) mi sono spontaneamente focalizzato sulla lunghezza, o meglio sulla brevità. Sostanzialmente, mi sono reso conto che tendo a scrivere cose sempre più brevi (l’ultimo racconto di Sottrazioneè di 163 battute spazi inclusi) e mi è venuta l’idea di un libro che desse l’impressione di una caduta a precipizio verso la pagina bianca, quindi verso l’annullamento della narrazione (o verso il suicidio della scrittura o in qualunque altro modo lo si voglia dire: insomma, farla finita con questo spocchioso vizio di raccontare). D’altro canto, però, è indicativa la frase con cui si apre il libro, Scrivere per sottrazione è una moltiplicazione, nata come gioco di parole abbastanza scemo e rivelatasi poi l’espressione di un dato di fatto: nel libro i racconti sono molti (34 più un’appendice) e a ognuno corrisponde un modo di raccontare (solo pochi si assomigliano nei toni e nella struttura). Dunque, se il libro punta al nulla, contiene però un campionario di modi di scrivere che sarebbe necessariamente più ristretto con un minor numero di racconti: la strada dell’annullamento e della moltiplicazione si possono percorrere contemporaneamente, a quanto pare. Anche di questo mi sono reso conto a posteriori. Inoltre, come ho scritto nella breve nota che apre il libro (in cui do informazioni sulla provenienza di alcune storie) non ci si deve stupire del criterio adottato nella raccolta: è arbitrario quanto ogni altro.

non sono ancora riuscita a recuperare tutti i tuoi libri (ma lo farò!) però mi pare di capire che preferisci il racconto al romanzo. perché questa scelta? quali sono secondo te i vantaggi di un racconto più breve rispetto a una storia più lunga?
Non porrei la questione sul piano dei vantaggi o degli svantaggi. Che i miei gusti di lettore e di autore siano orientati verso il racconto è palese. Anche quando scrivo cose lunghe (relativamente: la mia storia più lunga, Caterina fu gettata – Intermezzi Editore – supera di poco le 160.000 battute) tendo sempre a procedere per frammenti che abbiano un’identità forte, in alcuni casi una compiutezza, anche se non relazionati al contesto. Le cose inutili, per esempio, che è uscito l’anno scorso per CaratteriMobili, è una storia unica composta da brani le cui connessioni non sono sempre immediatamente percepibili, di modo che il lettore è chiamato a ricostruire la trama almeno in parte. Anche a questo proposito, benché si tratti di un romanzo breve, potrei ripetere il discorso fatto per Sottrazione, intendo la parte sul campionario di modi di scrivere: i vari capitoli de Le cose inutili, infatti, o le varie serie di capitoli, utilizzano procedimenti formali differenti. In conclusione, credo che si tratti di una sorta di forma mentis, quella del racconto – così come quella del romanzo per altri – e non, come dicevo, di una questione di vantaggi.

da cosa nascono i tuoi racconti? alcuni sembrerebbero delle tranquillissime scene quotidiane fino a che qualcosa non rivela qualcosa di completamente assurdo e surreale...
È vero, in alcuni casi i miei racconti funzionano così: un’incursione dell’illogico – o del diversamente logico – in situazioni apparentemente normali (il primo che mi viene in mente è La situazione non precipita, in Sottrazione). Ma è solo una delle possibilità, e a volte è il risultato di altre scelte. Come credo risulti chiaro da quanto detto finora, non mi piace star fermo su un’unica formula. Ciò non vuol dire che io non torni mai su una formula (se l’ho trovata efficace è probabile che la riutilizzi in racconti successivi) ma in generale preferisco che ogni racconto abbia la sua logica e il suo espediente letterario. Per questo una risposta diretta alla tua domanda non è facile, ma non voglio neanche far ricorso a scappatoie come “non c’è una regola fissa”. Quindi sarò specifico, portando alcuni esempi, relativi ad altrettanti racconti. L’idea di Istruzioni per Lucio, contenuto in Un tebbirile intanchesimo, consiste né più né meno che nell’elenco lievemente romanzato delle possibilità combinatorie di due serie di elementi: da una parte delle chiavi di varia forma, dall’altra le serrature corrispondenti; Unità di mistura, in Sottrazione, fa utilizzo di tempi verbali incoerenti per restituire attraverso la lingua lo smarrimento sentimentale del narratore; Un tebbirile intanchesimo, dall’omonima raccolta, fa dell’inversione dislessica di lettere e sillabe sia un espediente formale che un elemento della trama; Dizionario dei sinonimi e degli inonimi (in Sottrazione) simula a fini umoristici una dissertazione accademica sui difetti dell’italiano scritto e parlato. E così via... dunque niente scappatoie come “non c’è una regola fissa”, ma di fatto non c’è una regola fissa. Però c’è sempre una regola.

sempre a proposito di racconti, tu sei abbastanza “fuori moda” considerando quello che al momento sembrerebbe essere più apprezzato, ovvero trilogie, quadrilogie, saghe interminabili. cosa ne pensi di tutte queste storie (quasi) infinite?
Ti ringrazio per il fuori moda. In ogni caso, nonostante la mia predilezione per la brevità, non ho pregiudizi contro la lunghezza. Solamente, credo che a ogni storia corrisponda un’estensione ottimale, e a ogni estensione un certo tipo di storia (per intenderci: Continuità dei parchi di Cortázarnon poteva che essere così breve; Alla ricerca del tempo perduto di Proust non poteva che essere così lungo). Quando le due coordinate non trovano un equilibrio si pone un problema: se sei Fëdor Dostoevskij e ogni tanto allunghi il brodo perché devi pagarti i debiti di gioco e stai pubblicando a puntate, ben venga, magari il romanzo si slabbra un po’ e invece di essere perfetto è solo inarrivabile; se non sei Fëdor Dostoevskij e scrivi una tetralogia che Proust potrebbe riassumere in un capoverso scritto mentre fa cattleya, con risultati infinitamente migliori, allora è questione di soldi, proprio come nel caso di Fëdor Dostoevskij, ma quei soldi non te li meriti (a meno che tu non li perda al gioco e allora avresti almeno un punto in comune con Fëdor Dostoevskij, per quanto io preferisca il metodo Landolfi).

se dovessi scegliere uno tra i tuoi racconti, quale sarebbe quello che preferisci, o quello a cui ti senti più legato?
Questa è davvero difficile. Dovendo sceglierne solo uno, attualmente direi Nulla di male, in Sottrazione, ma se me lo chiedessi fra un mese probabilmente sarebbe un altro. Nulla di male comincia così:

Dopo l’ultimo boccone, Tiziano ripone le posate nel piatto e le osserva per un minuto, i pensieri indistinti.Fa lo stesso ogni giorno, senza un motivo particolare.La cucina dei suoi pranzi solitari occupa un angolo del quinto piano del condominio. Al di là della parete a cui è addossato il tavolo una spenta facciata ocra, più bella a scriversi che a vedersi, poi il vuoto sopra un marciapiede sconnesso di una ex periferia.Qualcosa gratta, oggi, lì dentro il muro o lì fuori dal muro, chissà, interferendo con la contemplazione di una forchetta verdeggiante di pesto.Letizia arriverà a minuti.Se Letizia sta arrivando, quel suono deve essere innocuo. Se Letizia non stesse arrivando, quel suono sarebbe un incubo. Se Letizia se Letizia se Letizia, la forchetta la forchetta la forchetta.

mi consigli un libro assolutamente imperdibile?
Una pinta d’inchiostro irlandese di Flann O’Brien, del 1939: è uno dei romanzi più innovati, complessi e divertenti che abbia mai letto. Nelle prime righe si legge questo:
L’idea che un libro dovesse avere un solo inizio e una sola fine, non mi convinceva. Un buon libro poteva avere tre inizi completamente diversi, collegati tra di loro soltanto nella prescienza dell’autore, e finire, se necessaio, in trecento maniere diverse.
Segue un Esempio di tre inizi indipendenti.

la cosa che più mi piace del tuo modo di scrivere è che a te piace giocare con le parole. quali sono le figure retoriche che preferisci e quelle che invece non usi – volontariamente – mai?
Ho un rapporto di amore e odio con il linguaggio in generale e con la lingua in particolare. Lo stesso tipo di rapporto ce l’ho con la letteratura, i suoi tic nervosi e le sue convenzioni. Credo che la comunicazione non esista, a nessun livello, che sia una presunzione tutta umana a volte e una consolazione altre volte, come la religione o giù di lì, in ogni caso un’impostura, per non parlare del “senso” o “significato” di cui dovrebbe essere veicolo. Quindi niente preferenze: la retorica con le sue figure la prendo tutta, pacchetto completo, e qualche volta la utilizzo come se avesse uno scopo o fosse reale, altre volte per prenderla in giro come se pretendesse di avere uno scopo o di essere reale.

pubblicare con piccoli editori indipendenti è stata una scelta personale o si tratta solo di è andata così?
Che sia andata così è un fatto. Ma è andata così per una serie di motivi: gli editori con cui pubblico sono editori di cui mi fido, sul piano professionale ma anche su quello personale, a cui ho proposto i miei lavori e che li hanno scelti, e con cui non intendo smettere di collaborare almeno finché apprezzeranno quel che scrivo, cosa che reputo fondamentale. D’altro canto, sono consapevole che difficilmente un editore di altro tipo, un medio-grande, potrebbe essere interessato a quel che scrivo, se ho capito che aria tira. È pur vero che ad altri editori, altrettanto indipendenti rispetto ai miei, non sono piaciuto, dunque non si può generalizzare. Facendo un rapido calcolo, non piaccio ai nove decimi degli editori che ho contattato negli anni, quindi è evidente che Gorilla Sapiens Edizioni, CaratteriMobili e Intermezzi Editore abbiano preso un abbaglio. Però non escludo niente: nell’ipotesi di altre proposte, da parte di indipendenti o meno, le valuterò come ho fatto con le precedenti. Ma per ora non me le vado a cercare: sto bene dove sto.

pensi che sia valida, per le case editrici ma se vuoi anche per gli scrittori, l’equazione meno titoli = più qualità?
No, penso che un editore possa immettere sul mercato anche un solo pessimo libro all’anno, improponibile sin nei minimi dettagli. Lo stesso vale per uno scrittore in tutta la vita.

cosa ne pensi delle graaandi case editrici, quelle che inondano ogni settimana le librerie di nuovi titoli?
Che fanno il loro mestiere, chi meglio chi peggio, e che di questi nuovi titoli pochi m’interessano, ma succede lo stesso, in proporzione, con alcuni piccoli editori: meno titoli, quasi nessuno che m’interessi (soprattutto nel caso in cui il piccolo editore indipendente tenta di ricalcare le logiche del grande editore, con esiti per lo più grotteschi). Tutta questa ossessione per la differenza tra editore indipendente e colosso editoriale non riesce a coinvolgermi. O meglio: finché si parla di economia, distribuzione, monopoli, saturazione del mercato e via dicendo il discorso regge, ma quando si confondono questi aspetti con la qualità del prodotto finale (del singolo libro, non di tutti i libri di un determinato editore o della sua teorica linea editoriale) allora non vedo la connessione, e più di una volta mi è sembrato che si vada avanti per slogan da entrambe le parti, che la retorica del piccolo editore che resiste sia sfruttata a mo’ di strategia pubblicitaria al pari delle fascette che annunciano un miliardo di vendite in una settimana. A me interessa la letteratura – la narrativa in particolar modo – e ho i mezzi, come tutti al giorno d’oggi, per informarmi a proposito. Dunque, se m’imbatto in quello che reputo un buon libro io lo compro e lo leggo perché m’interessa. Se questo buon libro l’ha pubblicato Mondadori, rimane un buon libro. Se questo buon libro l’ha pubblicato Gorilla Sapiens, è lo stesso buon libro.

e delle autopubblicazioni?
Le sconsiglio a chiunque abbia l’intenzione di farsi conoscere come autore attraverso un prodotto di qualità. Le consiglio a chiunque abbia intenzione di divertirsi e regalare o vendere le proprie storie o poesie ad amici e parenti.

stai già lavorando a qualche nuovo progetto?
Sì, sto lavorando a un romanzo che spero di ultimare entro qualche mese e che, sebbene le vicende narrate non c’entrino un bel niente, ha qualche punto in comune, a livello tematico e strutturale, con Le cose inutili. Poi ci sono un altro paio di progetti in cantiere, ma le idee per ora sono così approssimative che non vale la pena parlarne.

dato che mi è piaciuta parecchio la storia (le microstorie?) dell’uomo che faceva le cose a contrario, la domanda che avrebbe dovuto aprire l’intervista (ugh) te la faccio alla fine: chi è carlo sperduti? e sopratutto quando e come ha deciso di fare lo scrittore?
Per fortuna Carlo Sperduti non ha mai deciso di fare lo scrittore. È un tizio che ha da poco passato i trenta, che ha vissuto la prima parte della sua vita tra Broccostella e Sora in Ciociaria, la seconda parte a Roma e che ha appena iniziato la terza a Perugia. Verso i diciasette anni, per puro caso, si è trovato a scrivere un racconto e la cosa gli è sembrata divertente, così ha smesso perché il suo personaggio di allora aveva il dovere morale della sofferenza; ha poi ricominciato nel 2008 e ha continuato fino a oggi. Continuerà finché si divertirà.

ah, un’ultimissima cosa che però non è proprio una domanda ma una richiesta, anche un po’ idiota (quindi se vuoi ignorala), ci regali un racconto breve, brevissimo, sottrattissimo?
Da Re minori in microfiabe, appendice di Sottrazione:
C’era una volta il Re Gina.Somigliava in maniera impressionante a sua moglie. Fatto strano: i due non si facevano mai vedere insieme.


e e e grazie mille per tutto! spero di vederti presto a palermo a parlare di sottrazione e dei tuoi libri!

ed ecco il programma del sottrazione tour:

l'evoluzione di calpurnia

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è il 1899, siamo in texas e calpurnia tate è una bambina di undici anni, ha sei fratelli, una madre un po' troppo opprimente, un padre impegnatissimo con il suo lavoro e un nonno misterioso e un po' spaventoso. calpurnia non riesce a sopportare l'idea di tenere capelli e vestiti lunghi d'estate, quando l'afa è insopportabile, detesta suonare il piano e ancor di più il cucito, il ricamo, le lezioni di cucina e tutte quelle cose che sua mamma ritiene fondamentali per una signorina di buona famiglia.


callie è la tipica bambina intelligente, ribelle, monella ma adorabile, una di quelle che riempivano i classici della nostra infanzia, anche se il suo racconto è molto recente, ed è veramente un graditissimo e inaspettato ritorno a quell'età felice per chi ha amato quei racconti, per chi aveva un debole per joe march, anna dai capelli rossi, pippi calzelunghe e tutte le altre indimenticabili, vere eroine.
durante l'estate, calpurnia, aiutata dal taccuino regalatole dal fratello maggiore harry, in cui lei annota tutto quello che osserva, scopre che gli animali, gli insetti, la natura tutta è misteriosa e apparentemente inspiegabile, ma che con un po' di pazienza, attenzione e dedizione, si può venire a capo dei misteri che regolano la vita frenetica tra il fiume e il giardino: perché le cavallette verdi sono più piccole di quelle gialle? resasi conto dell'enorme quantità di segreti da svelare, calpurnia si fa coraggio e inizia ad avvicinarsi al nonno, confidandogli le sue osservazioni e le sue scoperte.
nonostante l'iniziale sorpresa che sia proprio l'unica nipote femmina a mostrarsi così interessata degli argomenti che lo appassionano da anni, il nonno è di abbastanza di ampie vedute per prendere subito calpurnia come sua allieva: comincia a parlarle di darwin e dei suoi studi, le insegna tutto quello che può per farla appassionare alla scienza, si sconvolge di quanto poco impari a scuola, dove più che altro le viene lavato il cervello affinché diventi una brava moglie&mamma in futuro, e la porta con se nelle sue scampagnate alla ricerca di esemplari di studio e la fa lavorare con lui nello sgangherato laboratorio dove si dedica, tra le altre, al tentativo di distillare un liquore dalle noci pecan.

ma alle gite spensierate con il nonno, al sogno di diventare una naturalista, alle innocenti ribellioni di calpurnia si infila a forza, sempre più prepotente, la sua vita futura, quella che la vede senza alcuna possibilità di scampo stretta in un corsetto, sposata a un uomo a cui dovrà preparare da mangiare e a cui dovrà partorire un esercito di figli. il momento in cui calpurnia si rende conto che per quanto lei sogni di andare all'università, di diventare una scienziata, tutto questo è impossibile per lei, che non è diversa dalle altre, anzi è esattamente una ragazza come le altre, lì ci sentiamo crollare con lei.
calpurnia è una femminista senza saperlo, o meglio, è una bambina intelligente e ingenua, tanto da non accettare - e nemmeno riuscire a capire fino in fondo - perché non può decidere del suo destino da sola, perché il suo futuro deve dipendere dal suo essere una femmina.
l'accostamento ai suoi fratelli poi, anche quelli più piccoli di lei, rendono il suo sentirsi - ed essere - "diversa" dalle altre ragazze ancora più forte: sono i maschietti di casa tate quelli più coinvolti dalle vicende sentimentali, sono loro quelli più emotivi, quelli più fragili.
calpurnia non è una ragazza speciale, almeno non lo è nella misura in cui non è più intelligente o più capace delle sue coetanee né dei suoi fratelli. il suo essere fuori dal coro è tutto nella non accettazione passiva del le cose stanno così e basta: i suoi più grandi pregi sono la curiosità e l'apertura mentale, stimolati dal nonno con le sue lezioni sul mondo animale e vegetale, ma anche la sua capacità di non arrendersi e di non farsi buttare giù dalle delusioni.
proprio per tutto questo calpurnia risulta essere un personaggio tanto vero e vivo da farci affezionare a lei e alla sua storia.

l'evoluzione di calpurnia non ha un vero e proprio finale, anzi, proprio all'alba del nuovo secolo, come calpurnia, ci sentiamo carichi di fiducia e speranza per il futuro, pieni, come lei, di voglia di fare per vedere realizzati i nostri sogni.
la storia, al momento, continua in un secondo libro, il mondo curioso di calpurnia, che inizia esattamente dove finisce il primo.
non ho ancora avuto la possibilità di leggerlo, ma spero di potermi rifare al più presto!
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